venerdì 2 novembre 2012

-Recensione libro ottobre

71 commenti:

  1. Per la prof:
    Ho trovato una copia del giornale "La fiera letteraria", un settimanale di lettere e scienze d'arti, data 22 aprile 1928, in cui ci sono parecchi autori interessanti (es. Pirandello che pubblica un poemetto intitolato Laòmache; Sciortino, Brocchieri, Baldini, Somarè, Amfiteatroff, Costantini, Solari, Titta Rosa)) e lo trovo fantastico. Ora: vista la data, posso recensire il giornale invece del libro?

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  2. Riccardo D'angelo parte 1

    “Più alto vola il gabbiano, e più vede lontano”


    “Il gabbiano Jonathan Livingston” è un breve romanzo dello scrittore statunitense Richard Bach, pubblicato nel 1970. Protagonista del libro, come si evince dal titolo, è un gabbiano di nome Jonathan, il quale spinto dalla voglia di volare abbandona la massa dei comuni gabbiani, per i quali il volo non era che un semplice e goffo mezzo per procurarsi il cibo.
    Il protagonista, quindi, aveva qualcosa che lo differenziava dal resto dei compagni, lui non passava il tempo sulla scia dei pescherecci aspettando qualche preda, ma aveva altri pensieri per la testa: “ a lui piu' di ogni altra cosa al mondo piaceva librarsi in cielo”.
    Questa sua diversità lo fece diventare impopolare al branco, tanto che anche i genitori lo guardavano ormai con diffidenza: “Ma perchè Jon," gli diceva la madre, "non fai il bravo come tutti gli altri gabbiani? Lascia il volo spericolato ad altri uccelli, e procurati del buon
    cibo. Ma guardati, sei ridotto a penne e ossa." Ma Jonathan, convinto delle sue idee e spinto dalla voglia di liberarsi in cielo, non dava peso a ciò che la madre gli diceva:
    "Non importa se sono ridotto a penne e ossa, mamma," gli rispose lui, "io voglio migliorarmi, volare oltre ogni limite. Che vita è la mia SE NON CONOSCO, SE NON IMPARO, SE NON CONOSCO COSE NUOVE?"
    La via della conoscenza per Jon non fu facilmente percorribile, ogni fallimento, ogni caduta, facevano nascere in lui la sfiducia, la voglia di lasciare tutto e tornare alla normale vita di un gabbiano; ma lui, spinto dalla voglia di scoprire nuove tecniche di volo, non si abbattè, migliorando e curando, ad ogni caduta, il suo stile. Poi un giorno, quando oramai era diventato vecchio e stanco, incontrò due stupendi gabbiani celestiali:"C'è ben altro ancora da imparare," gli dissero, "vuoi saperne di più?" Cos'altro aspettava se non di sentire queste parole uno come Jonathan?

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  3. Riccardo D'angelo parte 2


    Il protagonista in questo nuovo mondo scoprì nuove tecniche di volo, fino a raggiungere la massima perfezione. Ma questo a lui non bastava, voleva tornare sulla Terra per insegnare quelle meraviglie agli altri, a coloro che lo avevano cacciato per la sua diversità.
    Jonathan insegnò ad un gruppo di gabbiani, che come lui furono allontanati dallo stormo per le loro idee sul volo, tutto ciò che aveva imparato, fino a quando, con loro, si spinse nella massa, con la volontà di insegnare a tutti la sua arte. In un primo momento questo risultò complicato, ma alla fine arrivò il successo: così tanta era la frustrazione e l'insoddisfazione che regnava fra i gabbiani, che seguirono Jonathan in gran numero.
    Il protagonista, come detto, è un gabbiano. Ma è chiaro fin dalle prime pagine che il pensiero dell'autore si riferisce all'uomo, a uno dei tanti. Personalmente questo romanzo mi ha fatto capire di non dovermi accontentare del minimo, dei risultati piu' semplici e a portata di mano, ma fare di più, perché bisogna volare sempre più in alto, proprio come il gabbiano.(“Più alto vola il gabbiano, e più vede lontano”). Dobbiamo essere convinti di poter superare i nostri limiti perchè tutti siamo in grado di farlo e nessuno può impedircelo. Penso sia un invito ad osare, a cercare di fare sempre meglio, e in qualche caso anche ad abbandonare i posti a noi sicuri, perché solo così si può crescere e andare avanti. E' un invito a dare tutto, a non aspettare la vita, ma al contrario andargli incontro, evitando di diventare spettatori passivi della nostra vita, ma viverla nella sua totalità.

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    1. E' più un riassunto che una relazione sull'effetto che questo testo ha avuto su di te!!! avresti dovuto ampliare la parte finale personalizzandola e argomentando le tue affermazioni con riferimento al testo 5

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  4. Kristian Galanti parte 1 (relazione del romanzo "La metamorfosi" di Franz Kafka)

    La metamorfosi non rende poi così diversi.

    “La metamorfosi” di Kafka è un romanzo capace, come pochi altri, di instaurare un rapporto di assoluta e totale interazione con il lettore, in quanto presenta una duplice metafora: la prima, più generale, riferente al “diverso”; la seconda, più particolare, che espone una amara critica verso gli affetti personali. L’attenzione del lettore viene immediatamente catapultata nel bel mezzo del motivo scatenante, una metamorfosi, che all’inizio del testo, si manifesta senza un’effettiva causa scatenante ma che in realtà cela dietro di sé l’emarginazione del diverso in un contesto-società. Gregor Samsa è passato da una condizione in cui da egli dipendeva l’intera famiglia ad un’altra, di opposta entità, in cui egli era un peso formale per i suoi famigliari. Quindi l’opera nel suo più pieno svolgimento non è più solo descrizione di una sedentaria vita lavorativa ma è analisi del “personale” in un contesto di emarginazione: “Gregor comprese che l’essere stato escluso, durante quei due mesi, da ogni contatto verbale, […], doveva avergli scombussolato il cervello..”. Il protagonista non riesce quindi più a toccare cibo, avere rapporti interpersonali o altro e quasi si abbandona ad una fine che sembrava essere stata segnata nel momento stesso in cui tutto cominciò ad essere. Gregor è un emarginato. A tutto ciò si associa la capacità dell’autore di entrare nell’intima parte di ciascun essere umano, intaccando i rapporti familiari: nel corso del romanzo, dopo aver percepito le sue reali capacità, il protagonista pondera sulla sua condizione, capendo di rappresentare un mero peso per la famiglia Samsa. Il rapporto più burrascoso è sicuramente quello con il padre, figura autoritaria e tradizionalista, che più di non riuscire ad accettare la trasformazione del figlio, non vuole accettare la condizione a cui questa lo ha costretto: alzarsi dalla sua comoda poltrona e non vivere da spesato, ma da lavoratore. “Dobbiamo cercare di liberarcene […] o finirete per rimetterci la vita tutt’e due..”. E’ Grete, la sorella di Gregor, qui a parlare. Strano

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    1. del motivo scatenante...episodio...
      ad un’altra, di opposta entità, ...ad un'altra opposta...
      un peso formale...più che formale...reale, ingombrante!!!!

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  5. Kristian Galanti parte 2

    Proprio quella sorellina, abilissima nel suonare il violino, a cui Gregor nel Natale dell’anno corrente voleva annunciar che avrebbe spesato i corsi al conservatorio – pur con qualche difficoltà economica- e che si mostrava la più dolce con lui, si rivela essere la prima a prendere una precisa posizione. Fortunatamente, la famiglia Samsa non dovrà avere nel pensiero il peso della morte del figlio, in quanto egli morì di morte naturale. Ad accorgersene per prima fu la domestica di casa Samsa. Una figura, questa, poco sviluppata ma che rappresenta in realtà l’unico appiglio alla condizione di Gregor, soprattutto dopo la sua metamorfosi.
    La metafora dell’insetto nasce quindi con l’intento di simboleggiare la situazione del particolare nel generale contesto-famiglia, connessa alla dura critica nei confronti di una famiglia capace di voltare le spalle da un momento all’altro, ma ha la capacità di estendersi alla personale esperienza dell’autore: Franz Kafka rappresenta con questa, la sua dipendenza dalla famiglia e la negazione della sua libertà di espressione nella letteratura. E’ quindi un romanzo capace di far riflettere su una questione ancora molto attuale inerente alla diversità dei vari individui, questione molto fine, capace di dar frutto a svariate connessioni. Il concetto di “diverso” è talmente relativo da non avere basi proprie, ma meramente imposte dal contesto storico-sociale: nel sedicesimo secolo, il diverso era colui che professava la religione protestante; nel ventesimo – fortunatamente solo in una parte di esso- chi non professava la dottrina ariana e così via dicendo. Il romanzo presenta in definitiva un insegnamento: non si può considerare diverso qualcosa di non adatto alla personale esperienza perché, d’altra parte, si potrebbero avere le medesime ragione di pensare lo stesso riguardo la nostra esperienza.

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    1. Fortunatamente, la famiglia Samsa non dovrà avere nel pensiero il peso della morte del figlio, in quanto egli morì di morte naturale. ...attento all'uso dei tempi verbali!!!

      connessa alla dura critica nei confronti di una famiglia capace di voltare le spalle da un momento all’altro, ma ha la capacità di estendersi alla personale esperienza dell’autore: Franz Kafka rappresenta con questa, la sua dipendenza dalla famiglia e la negazione della sua libertà di espressione nella letteratura....sarebbe meglio dire che è capace di elevarsi dal particolare del legame con le vita dell'autore a metafora universale!!!

      ...le conclusioni non sono ben strutturate, unisci argomenti troppo diversi di cui conosci poco per poter portare avanti un discorso coerente e coeso!
      la relazione avrebbe dovuto parlare di cosa ha detto a te, personalmente, il testo!!!! Ci sono pagine che ti hanno colpito, che hanno legami con la tua esperienza o che hanno sollecitato riflessioni tue proprie???

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  6. "La metamorfosi" è l'opera più importante dello scrittore Franz Kafka la quale è stata pubblicata per la prima volta 1915. Nel racconto viene descritta la tragica storia del giovane Gregor Samsa che con il suo lavoro di commesso viaggiatore sostiene economicamente la famiglia. Una mattina si sveglia trasformato in un gigantesco scarafaggio: inizialmente non si preoccupa del proprio aspetto ma di come poter andare a lavoro in quelle condizioni. Tenta perciò,invano,di nascondere la sua situazione poiché la famiglia e il procuratore riescono presto ad entrare nella stanza di Gregor rimanendo inorriditi. L'intera famiglia lo respinge;solo la sorella Grete per un certo periodo si preoccupa di lui fornendogli il cibo necessario per sopravvivere. L'uomo-insetto dopo poco tempo dalla terribile mutazione,non potendo aiutare la propria famiglia che contava finanziariamente tutta su di lui,cade in depressione e lentamente muore(a causa,oltre che dal rifiuto dei familiari,anche dalla mancanza di cibo e dalla ferita che il padre gli aveva procurato lanciandogli una mela sul dorso). Dopo ciò la famiglia getta il cadavere nella spazzatura e dimenticandosi di ogni accaduto riguardante il loro ormai defunto figlio riescono a risollevarsi dai problemi economici per cui avevano tanto sofferto. E' evidente come l'autore nell'opera descriva la condizione del "diverso" fatta di tristezza e sofferenza che non avrà mai nessuno accanto. Kafka,mediante un linguaggio diretto che lascia spazio alla libera immaginazione del lettore,affronta anche altre questioni quali la difficoltà di comunicazione tra un figlio e la propria famiglia causata da varie fobie e incomprensioni. Tutto ciò viene rappresentato attraverso una profonda metafora che inevitabilmente pone lo svolgimento dei fatti in un ambiente surreale che è il tema centrale della narrazione.

    Alessio P.

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    1. ma??? avresti dovuto spiegare se e cosa ha detto a te l'opera!!!!

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  7. RICCARDO D'ARCH
    “Sotto le rosse mura di Parigi era schierato l’esercito di Francia. Carlomagno doveva passare in rivista i paladini” è l’inizio de opera di Italo Calvino pubblicata la prima volta nel 1959 e oggi è un romanzo appartenente alla collana editoriale Oscar Mondadori.
    Il romanzo tratta la storia di Agilulfo , cavaliere medievale appartenete all’esercito di Carlomagno che era in guerra nel periodo delle crociate contro gli Infedeli.
    Il condottiero si rifiutava sempre di mostrarsi in pubblico poiché sosteneva di non avere un corpo e di essere costituito soltanto da una grande armatura.
    Durante una nottata strinse rapporti con un cavaliere che si chiamava Rambaldo il quale aveva un unico obbiettivo: vendicare la morte del padre ucciso da Argalif Isoarre.
    La storia prosegue con la vendetta di Rambaldo il quale poi venne salvato da Bradamante , infatti Rambaldo scappando dopo aver vendicato il padre si trovò due guerrieri nemici che lo volevano catturare.
    Il figlio del marchese Gheraldo prova sentimenti verso Bradamante però quest’ultima prova una forte passione per Agilulfo e soprattutto era attratta dalla sua posatezza e precisione.
    Nella storia poi c’è l’ingresso di Torrismondo , infatti mentre Agilulfo in un banchetto imperiale era colui che correggeva e riprendeva i compagni , Torrismondo gli fa notare il fatto che lui (Agilulfo) non aveva salvato una donna pura e pertanto la carica di cavaliere non poteva essere valida.
    Iniziano così una serie di viaggi e avventura: da una parte Agilufo cercava la donna salvata, sperando che era vergine nell’occasione che gli portò la carica di cavaliere, dall’altra Torrismondo il quale non poteva essere cavaliere perché non di origini nobiliari sperava di essere riconosciuto da suo padre appartenente ai cavalieri del san Gral(infatti era stato detto che la donna salvata da Agilulfo era sua madre).
    La narrazione è ricca di intrecci e peripezie nei viaggi di entrambi i cavalieri: si scoprì che Sofronia non era la madre di Torrismondo ma semplicemente la sorellastra e che Agilulfo morì sapendo che la donna salvata non era vergine.
    Nel romanzo c’è la presa diretta del narratore , Bradamante che prende le vesti della Suora Teodora , la quale alla fine si innamorò di Rambaldo .
    Il periodo temporale del racconto dura circa sei mesi , considerando lo svolgersi delle guerre e dei viaggi in Europa ma leggendo, questo tempo così lungo viene espresso in modo eccellente da Calvino il quale con un linguaggio medio-basso riesce a donare una lettura scorrevole e piacevole al lettore.
    Calvino pertanto fa penetrare molti sentimenti; la vendetta nel caso di Rambaldo , l’amore nel quale non bisogna mai smettere di crederci e infine per la figura di Aginolfo notiamo come una essere irreale possa vivere passioni e avere sentimenti, cosa del tutto assurda nella concezione odierna .
    Con questo consiglio vivamente la lettura di questo romanzo perché la rende piacevole , a differenza di altri libri che sono molto noiosi e complessi; riguardo il Cavaliere Inesistente c’è la complessità della storia riguardo i viaggi ma in generale si segue uno stile equilibrato riguardo la narrazione dei fatti
    In conclusione Calvino conferma il concetto che con un libro di piccole dimensioni si possono descrivere temi e sentimenti che rispecchiano l’essere umano nelle sue varie parti.

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    1. oggi è un romanzo appartenente alla collana editoriale Oscar Mondadori.???? Devi solo indicare la prima edizione...non importa a nessuno che ora sia pubblicato in edizione economica!

      quale non bisogna mai smettere di crederE
      LA PARTE FINALE ...CIOE' IL TUO COMMENTO, NON è BEN ESPRESSO, SEI STATO TROPPO SINTETICO...CERCA DI DIRMI ENTRANDO NEL PARTICOLRE DEL TUO RAPPORTO CON IL TESTO PERCHè NE CONSIGLI LA LETTURA...CERTO NON BASTA DIRE CHE LA LETTURA SIA PIACEVOLE O CHE LO SIA PERCHE' E' BREVE!!

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  8. HO UNA DOMANDA: bisogna seguire uno schema per fare la relazione? deve essere preciso e oggettivo o possiamo usare una prima persona 'matura'?

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    1. sono incuriosita dalla prima persona matura....

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    2. ahahah sapevo di aver sbagliato termine, solo che poi lei dice che la usiamo a caso la prima persona.. era nel senso di non usare 'io penso io credo' ma una cosa un po' fatta meglio..

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    3. beh..avevo capito.....mi piacerebbe leggere una prima persona matura....e forse tu potresti arrivarci!!! Nella tua relazione però non c'è...!

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  9. Una Storia Semplice, Leonardo Sciascia.

    Subito dopo la morte di Leonardo Sciascia (1921 – 1989), verrà pubblicato da Piccola Biblioteca Adelphi il suo romanzo “Una storia semplice”, nel quale sarà raccontata una storia che, al contrario di quanto ci lasci immaginare il titolo, non è affatto semplice.
    Leonardo Sciascia infatti, nel corso della sua “carriera letteraria”, si è sempre occupato di denunciare crimini ispirati alla realtà, toccando talvolta, come in questo caso, temi delicati quali la mafia e la droga, senza però mai nominarli.
    In particolare “Una storia semplice” è un breve giallo siciliano in cui, da un ipotesi di suicidio, attraverso indagini e soprattutto alla determinazione e particolare dedizione al caso del brigadiere della polizia Antonio Lagandara, si passa ad un omicidio vero e proprio. “ …l’ illuminazione serale e notturna degli uffici di polizia tacitamente prescritta per dare impressione ai cittadini che in quegli uffici sempre sulla loro sicurezza si vegliava.” Questa descrizione critica e polemica è posta dall’autore subito prima della chiamata alla polizia dalla quale tutto ebbe inizio; a chiamare fu un certo Giorgio Roccella “ ex console d’ Italia in vari paesi europei” il quale, tornato il giorno stesso da Edimburgo, dove, ormai separato dalla moglie viveva con il figlio, comunicò al brigadiere che aveva “trovato una cosa”. Alla comunicazione del brigadiere il commissario rispose che: “ …sono sicuro che si tratta di uno scherzo... domani, magari, se hai tempo e voglia, vai a dare un'occhiata... Per quanto mi riguarda, qualunque cosa accada, domani non mi cercate, vado a festeggiare il San Giuseppe da un amico in campagna.” L’indomani mattina il brigadiere andò a verificare nel villino a Monterosso che tutto effettivamente fosse apposto; ma cosi non fu: infatti egli trovò il corpo del signor Roccella senza vita, seduto alla scrivania, il suo braccio sinistro penzolante, a terra una pistola e la ferita di uno sparo in testa. Il brigadiere pensò subito al suicidio, ipotesi smentita poi da una più attenta analisi grazia alla quale Lagandara si accorse di un’ incongruenza: il braccio destro infatti, non era in linea con l’ arma del delitto bensì poggiava su un foglio posto sulla scrivania riportante tali parole: “Ho trovato.” Il brigadiere notò da subito una stranezza: infatti il terminare con un punto queste parole forniva a chi lo avesse letto un’ idea completamente diversa da ciò che realmente Roccella voleva comunicare. Il brigadiere provò quindi a comunicare i propri sospetti ai suoi superiori che però non lo ascoltarono, sarà allora che chiederà aiuto ai carabinieri da sempre in conflitto con il corpo poliziesco. Nei giorni seguenti saranno interrogati il professor Carmelo Franzò amico di infanzia della vittima, “l’uomo della volvo” e Padre Cricco. Dalle loro dichiarazioni si fece tutto più chiaro, emerse infatti che Roccella aveva trovato un quadro, lo stesso che l’uomo della volvo aveva visto arrotolare dagli assassini del capostazione e del suo assistente i quali avevano inscenato una farsa per non dare nell’occhio. Tornarono così a perquisire il villino, e sarà proprio allora che il brigadiere trarrà le sue amare conclusioni: scoprirà infatti una sorprendente verità.

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    1. nel quale è raccontata una storia che, al contrario di quanto lascia immaginare il titolo, non è affatto semplice.

      un ipotesi CON L'APOSTROFO

      provò quindi a comunicare i propri sospetti ai suoi superiori che però non lo ascoltarono, sarà allora che chiederà aiuto ai carabinieri da sempre in conflitto con il corpo poliziesco. Nei giorni seguenti saranno interrogat.....PERCHE' PASSI DAL PASSATO AL FUTURO????

      Dalle loro dichiarazioni si fece tutto più chiaro....GRAZIE ALLE LORO DICHIARAZIONI

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  10. Da sottolineare la particolare attenzione che Leonardo Sciascia pone nel raccontare un fatto così complicato pur usando un registro linguistico molto semplice; non vi sono infatti nel romanzo forme arcaiche o dialettali e ciò contribuisce in modo positivo allo scorrere della narrazione. Il narratore seppur onnisciente svelerà solo alla fine la soluzione al caso.
    Personalmente ho trovato questo romanzo molto interessante e coinvolgente; infatti l’autore mi ha reso partecipe del romanzo sin da subito tra suspense e colpi di scena fino ad arrivare ad una soluzione per niente scontata. Ho apprezzato molto anche la delicatezza a tratti tagliente con cui Sciascia tratta il tema della droga e della mafia, vi è per esempio in un tratto del libro un passaggio nel quale è evidente questa capacità dell’autore nel sottointendere marcatamente: a parlare qui un ingenuo brigadiere e un commissario corrotto “ Vi stringeva un odore di zucchero bruciato, di foglie di eucalipto macerate, di alcool: qualcosa di indefinibile, insomma. Disse al commissario: <> <> <> << Il miglior cane sei tu>> disse il commissario.
    Concludo consigliando questo romanzo a tutti coloro vogliano una lettura veloce ma di spessore.


    Sara Giancola.

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  11. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. la mia recensione pubblicata di seguito si apre con un a frase importante che essendo stata omessa é stata scritta come risposta alla fine della PARTE 1...

      CORARELLI F.

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  12. CORARELLI FEDERICO

    Italo Calvino-il sentiero dei nidi di ragno
    <>.Questa frase lasciata come commento del suo romanzo da Calvino stesso,esprime con estrema esattezza il significato profondo di un'intera vicenda,avente come protagonista un ragazzino,che si svolge parallelamente ai fatti storici della rivolta dei partigiani e della guerra nazi-fascista,ma che va ad assumere un valore profondamente morale perché vissuta da un ragazzino che porta con se tutte le insicurezze che un giovane puo' avere.
    Pin,il giovane protagonista,é caratterizzato da un'infanzia problematica,che lo ha visto orfano di entrambi i genitori e con una sorella prostituta;infatti il giovane troppo grande per i suoi coetanei e troppo piccolo per gli adulti si ritova a frequentare un'osteria..dove si diletta a fare l'unica cosa che gli piace fare..prendersi beffa di loro e cantare canzoni in cambiodi bicchieri di vino.
    Essendo questa vicenda ambientata in un epoca molto calda a livello politico,il ragazzino si trovera ben presto immischiato in affari e vicende politiche..che vista la poverta del ragazzino...lo porteranno a compiere dei lavoretti in cambio di riompense.Una sera il ragazzino si vide affidato l'incarico di rubare una pistola ad un tedesco che avcrebbe passato la notte con sua sorella prostitut,ed il ragazzino,non capendo la gravita politica che avrebbe avuto quel gesto in seguito portando a termine l'incarico.Alcuni giorni dopo Pin si ritrova in carcere per l'atto compiuto ed é proprio in carcere,che il piccolo Pin conoscera uno dei capi della rivolta partigiana,il rivoluzionario lupo rosso,che instaurera' una nuova visione della vita nel giovane,ed inoltre lo aiutera ad evadere.

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    1. é stata omessa la prima frase : " inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana,ai suoi eroismi e sacrifici,ma nello stesso tempo ne rendesse il colore,l'aspro sapore,il ritmo... "

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    2. ATTENTO...MANCANO TUTTI GLI ACCENTI!!! USI TROPPO SPESSO LE PROPOSIZIONI RELATIVE E IL TESTO NE RISULTA APPESANTITO E MONOTONO. ATTENTO ALLE RIPETIZIONI: RAGAZZINO...CONTA LE VOLTE CHE COMPARE! SOPRATTUTTO L'ULTIMO CAPOVERSO è CARATTERIZZATO DA UNA SINTASSI PESANTE E IN ALCUNI PUNTI INESATTA.

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  13. PARTE 2 CORARELLI FEDERICO
    Una volta evaso di prigione il giovane si ritrova ancora una volta solo(infatti non rivedra' per molto tempo lupo rosso)...ed é qui che l'autore insaura un rapporto diretto con il lettore...mettendo a nudo tutte le insicurezze che un ragazzo puo avere,essendo infatti solo e in balia di un destino crudele che sembra non riservargli nulla di buono;
    vagando nella notte il giovane Pin si imbatte in un accampamento di formazione partigiana,dove una volta accolto da i rivoluzionari si accingera' a diventare un bambino-soldato spinto dalle curiosita' che esprime la guerra in un ragazzino e dal fascino che si cela dietro un'arma vera...non un giocattolo,l'unica cosa che un giovane della sua eta' dovrebbe impugnare;
    E' proprio nella parte finale del romanzo che l'autore sembra rivolgersi ad ogni tipo di lettore...perche sa' che dietro le insicurezze di un bambino lascticato di ingenuita'e inconsepevolezza...sono nascoste le paure di ogni essere umano..che leggendo il romanzo non puo' che riviverle...soffermandosi a pensare.
    IL romanzo risulta affascinante e profondo non solo perche' tratta tematiche storiche molto complesse,ma perche queste tematiche sono rese molto leggere ed imprevedibi poiche viste e narrate dgli occhi e dalla voce di un bambino..che é nella sua ingenuita'é estraneo ad ogni retroscena politico e che si ritrova a crescere in una serie di situazione che suscitano curiosita' nel suo animo ingenuo.

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    1. sa'...QUI L'ACCENTO NON ANDAVA! lascticato ????

      HAI FATTO UN RIASSUNTO...DOV'è IL TUO COMMENTO...AVRESTI DOVUTO ARGOMENTARE SU QUALI EMOZIONI TI HA RISVEGLIATO???

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  14. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  15. Martina
    Siddharta, Herman Hesse

    "Con precisi riferimenti al testo, spiega come valuti il tuo incontro con il romanzo in questione. Ha toccato corde particolari del tuo animo? Se sì, quali e perché".


    In molti si sono cimentati nella lettura del romanzo: e se in pochi l’hanno compreso a pieno, lui al contrario sembra averci compreso così bene...
    È come se per l’autore, Herman Hesse, sia stato un gioco da ragazzi intercalare il nostro vissuto e concentrarlo tutto nella figura di Siddharta, riassumere la nostra esperienza di vita mistificandola con quella di quest’ultimo.
    Quando si legge questo romanzo sembra quasi che l’autore parli e si interroghi direttamente su di noi: riflette le nostre paure, i nostri mille dubbi, le nostre ricerche incostanti.
    È come se questo testo, fin dalle prime pagine, avesse cominciato a scavare in me un ruscello che piano piano si è insinuato nel mio animo, ha ingrandito il suo letto inglobandomi al suo interno ed alla fine io medesima mi sono ritrovata nel suo corso, lo stesso che ora riflette la mia essenza.
    Le pagine sembrano sussurrarmi costantemente di non lasciarle e resto imprigionata nelle loro moine, mi affido al loro odore spento perché sento di trovare in loro salvezza... e così per me è stato.
    Mi ha subito coinvolto ed, al contrario di ciò che mi era stato anticipato, non ho trovato il romanzo criptico, né tantomeno astruso nel linguaggio.
    È lineare: percorre il processo di maturazione di un individuo e come egli ha imparato a rapportarsi con il mondo a lui circostante.
    Inoltre, al contrario delle innumerevoli prefazioni, incollate a mo’ di cornice storta all’inizio di un libro, questa, nata dalla mano di Massimo Mila, è precisa e ben fatta: mi ha subito ambientato nel romanzo, riassumendomi gli argomenti principali, senza svelarmi aneddoti particolari o lo stesso finale.
    Così Mila scrive all’inizio del suo spazio letterario, rifacendosi al testo di un filosofo canavesano Piero Martinetti: “Quel cercare che è già di per sé trovare, come disse uno dei più illustri fra questi - cercatori- e precisamente Sant’Agostino; quel cercare che è in sostanza vivere nello spirito.”
    Questo frammento può riassumere a mio avviso l’intero testo che pullula di personaggi alla ricerca di sicurezza, “gente inquieta, bisognosa di certezza”: si sente il bisogno di pervenire ad una coscienza di se e della propria persona.
    Solo alla fine si comprende come spegnere questa brama incessante mediante “l’annientamento completo del desiderio” fonte prima di male e turbamento; perché questo continuo aspirare a qualcosa di non concreto e dissolubile ci porta e non renderci coscienti di ciò che in realtà già possediamo.
    Se si tende sempre verso l’assoluto, si perde la coscienza del concreto: infatti “l’anima tua è l’intero mondo”.
    Il romanzo appare ambientato in un’India “eterna, metafisica, astrale, popolata di cercatori dell’assoluto”, non in un’India dai precisi connotati storici: ciò sembra volto a non incatenare la narrazione a limiti spazio/temporali, l’autore vuole scardinare la storia e darle un valore universale tangibile a tutti.
    Un valore universale e centrale lo affida anche al pensiero: d’altronde egli irradia la narrazione di riflessioni su quanto sia difficile e singolare l’atto del pensare.
    Se Siddharta sapeva fare bene solo tre cose digiunare, attendere e pensare, l’ultima poteva riassumere il senso di tutta l’esistenza.
    Herman Hesse è stato abile nella stesura del suo ben noto romanzo che è una delle sue tante creazioni che “nascono sotto il segno della fantasia e si pongono sotto la categoria dell’arte”.
    Perché questo suo delicato filosofeggiare non è altro che il suo modo di interpretare la vita: una incessante serie di domande volte a trovare la propria personalità, il proprio posto nel mondo qualunque esso sia.

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    1. la nostra esperienza di vita mistificandola (COSA INTENDI???) con quella di quest’ultimo.

      moine...HA UN'ACCEZIONE NEGATIVA CHE NON MI PARE ADATTA AL TUO PENSIERO

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  16. Parte 2, Martina Ponzo
    Una ricerca attenta volta ad accettare la realtà, a sapersi collocare nel caos deviante delle passioni alle quali l’uomo “hessiano” si concede senza troppi indugi, divincolandosi da quell’epicureismo che per troppo tempo aveva afflitto la letteratura orientale.
    Il protagonista è tutto fuorché un puritano: la cosa che però più lo contraddistingue è la sua capacità di dominare le passioni che non significa non concedersi ad esse, ma saperle giudicare e valutare razionalmente.
    Alla fine del romanzo di questo incessante cammino egli arriva a delle conclusioni, stila una serie di punti del suo credo, fulcri della sua nuova esistenza che potrebbero essere più o meno condivisibili, ma non per questo meno interessanti di quanto li abbia trovati io:
    -“Allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo”.
    Come non farsi risucchiare dall’ansia di perseguire un fantomatico scopo, distogliendosi da una meno effimera realtà”.
    -“Tanti, Giovinda, hanno bisogno di molti cambiamenti, devono portare ogni sorta d’abiti, e io son uno di quelli, amico.”
    Com’è comprensibile la volubilità di un essere, il suo frenetico cambiamento.
    -“La saggezza non è comunicabile. La saggezza che un dotto tenta di comunicare ad altri, ha sempre un suono di pazzia”.
    Come non è rappresentabile e riassumibile l’idea di saggezza perché questa si può solo vivere o raggiungere e risulta più una condizione che una vera materia di insegnamento.
    -“D’ogni verità anche il contrario è vero”
    Come in relazione all’irrealtà del tempo, svanisce l’univocità delle cose: è solo un’illusione la discontinuità tra il mondo e l’eternità, così come tra il male ed il bene.


    Tutto deve essere concepito nell’universalità del suo linguaggio, amato nella sua pluralità.
    La letteratura risulta effimera ed illusoria perché falsifica il naturale scorrere delle cose, dandone un’interpretazione che appare sempre un po’ diversa dalla realtà.

    Concludo con un frammento che per me è stato tra i più significativi “..non mi preoccupa molto. Siano o non siano le cose soltanto apparenza, allora sono apparenza anch’io e quindi esse sono sempre miei simili. Questo è ciò che me le rende così care e rispettabili; sono miei simili. Per questo posso amarle. Ed eccoti ora una dottrina della quale riderai: l’amore, o Govinda, mi sembra di tutte le cose la cosa principale. Penetrare il mondo, spiegarlo, disprezzarlo, non odiare il mondo e me; a me importa solo di poter considerare il mondo, e me e tutti gli esseri, con amore, ammirazione e rispetto...Anche in lui, nel tuo grande maestro, mi son più care le cose che le parole, la sua vita e i suoi fatti più che i suoi discorsi: sono più importanti gli atti della sua mano che le sue opinioni. Non nella parola, non nel pensiero, vedo la grandezza, ma nella vita, nell’azione”.

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  17. VERGARI ALESSIO

    “Sull’amore” di Hermann Hesse, pubblicato nel Gennaio 1988, è un libro di letture sul tema dell’amore che raccoglie e mescola poesie, brani narrativi ed estratti saggistici. I testi non sono disposti in ordine cronologico o secondo criteri storico-letterari ma hanno il significato di analizzare e spiegare tre grandi varianti sul tema dell’amore: l’amore adolescenziale, l’esperienza amorosa matura e l’amore per l’umanità e il mondo intero.
    Nella concezione di Hesse l’amore è visto come del tutto slegato dal possesso e dalle cose materiali e come un’incessante ricerca esistenziale, uno stato di grazie dello spirito e dei sensi che trova in se stesso il proprio appagamento senza problemi di relazione.
    La lettura del libro è molto piacevole e poco noiosa perché lo scrittore alterna poesie a scritture e letture brevi che conferiscono dinamicità a tutto il libro.
    L’amore secondo l’autore è dunque, come già detto, un’esperienza esclusivamente che colpisce l’animo interiore dell’uomo, lo stato d’amore equivale a uno stato di grazia dello spirito e dei sensi: chi ama è più vivo, la sua vita ha più significato, il suo spirito è in fermento, i suoi sensi sono acuiti e gli trasmettono emozioni più forti. L’amore è dunque strettamente connesso all’indifferenza per l’oggetto materiale, e ciò spiega come la donna non ricopra un ruolo importante per Hermann Hesse ma solamente la funzione di mettere in moto l’innamoramento e lo stato d’amore.
    “Felice è chi sa amare” è il titolo dell’ultimo brano della raccolta che meglio esprime il pensiero dell’autore sul sentimento d’amore: < Imparai che essere amati non è niente, mentre amare è tutto, e sempre più mi parve di capire che ciò che da valore e piacere alla nostra esistenza non è altro che la nostra capacità di sentire. Ovunque scorgessi sulla terra qualcosa che si potesse chiamare felicità, consisteva di sensazioni. Il denaro non era niente, il potere non era niente. Si vedevano molti che avevano sia l’uno che l’altro ed erano infelici. La bellezza non era niente, si vedevano uomini belli e donne belle che erano infelici nonostante la loro bellezza. Anche la salute non aveva un gran peso; ognuno aveva la salute che si sentiva, c’erano i malati pieni di voglia di vivere che fiorivano fino a poco prima della fine e c’erano sani che avvizzivano angosciati per la paura della sofferenza. Ma la felicità era ovunque una persona avesse dei forti sentimenti e vivesse per loro, non li scacciasse, non facesse loro violenza, ma li coltivasse e ne traesse godimento. La bellezza non appagava chi la possedeva, ma chi sapeva amarla e adorarla.
    C’erano moltissimi sentimenti, all’apparenza, ma in fondo erano una cosa sola. Si può dare al sentimento il nome di volontà o qualsiasi altro. Io lo chiamo amore. La felicità è amore, nient’altro. Felice è chi sa amare. Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa senta se stessa e percepisca la propria vita. Felice è dunque chi è capace di amare molto. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa. L’amore è desiderio fattosi saggio; l’amore non vuole avere; vuole soltanto amare >.
    E’ un libro che offre molti spunti di riflessione sull’amore e che leggendolo può aiutare nei momenti di malinconia e sofferenza per scoprire di nuovo l’ “amare” e la felicità.

    VERGARI ALESSIO

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    1. L'INIZIO è BEN FATTO...MA POI...? TI SEI PERSO IN UNA SOLA, UNICA CITAZIONE....E CIò CHE PENSI TU???

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  18. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  19. Camilla Massari:

    https://hotfile.com/dl/178509764/ff27ac7/baricco.odt.html Prof, c'erano dei problemi nel caricare la mia recensione, quindi l'ho messa su questo sito e la puo' scaricare (e' lo stesso che usa Riccardo)

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  20. ANILE VALERIO

    La tregua è un romanzo autobiografico scritto tra il 1961 e il 1696,è considerato da molti un capolavoro. L’autore non descrive semplicemente ciò che sta avvenendo nella sua vita, ma interpreta la sua vita come viaggio verso la libertà dopo l'internamento nel Lager nazista, questo libro piú che una semplice rievocazione biografica, è uno straordinario romanzo picaresco. Base di questo nuovo racconto, intrapreso nei primi del 1961, è la traccia stesa dallo stesso Levi nel 1946:
    «Avevo, del viaggio di ritorno, un puro appunto come dire, ferroviario. L’ho ritrovato e mi è servito come traccia, quasi quindici anni dopo, per scrivere La tregua» . In queste brevi parole, Levi in modo semplice e chiaro, descrive come “vedeva” la libertà durante la permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz , come un qualcosa da poter solo immaginare, un qualcosa sul quale egli poteva semplicemente fantasticare. Riallacciandosi a Se questo è un uomo, la Tregua rappresenta il naturale seguito dell’esperienza terribile e traumatica dei Lager tedeschi che colpirono l’intera Europa tra il 1945 e il 1960 (periodo della Seconda Guerra Mondiale). Oltre che al “semplice” racconto del suo ritorno in Italia, Levi descrive come tema principale del romanzo proprio la paura che i lager avevano trasmesso nel corpo e nei sogni dei prigionieri ebrei, paura della morte, paura della fame, paura del freddo, paura dei nazisti. Tutti i prigionieri facevano gli stessi sogni come è descritto da Levi. I prigionieri sognano di mangiare, poiché essi non mangiano quasi niente, sognano di tornare a casa, sognano di raccontare agli altri la loro terrificante e atroce esperienza del lager.
    L’importanza del racconto sta nella consapevolezza letteraria dell’autore, che sa in maniera sorprendentemente realistica evocare alla mente del lettore la situazione materiale, paesaggistica, sociale e culturale che egli visse dalla liberazione al rientro in Italia, dando quindi la possibilità a colui che legge di poter immaginare ciò che stava accadendo in quegli anni e di conseguenza comprendere tra le righe, ciò che l’autore cerca di denunciare. Egli non racconta semplicemente la sua vita di ex-prigioniero in un lager nazista ma anche ciò che vede nella gente che incontra durante il viaggio, le stesse vittime di una crudele guerra: da Cesare al Moro di Venezia, al bimbo nato ad Auschwitz, alle descrizione della gioia della armate rosse, dopo la vittoria sui nazisti. Ciò che colpisce di più, è la capacità di descrizione dei suoi sentimenti e della riconquistata della libertà e dignità persa nel lager, tutto questo contraddistingue Levi da qualsiasi altro semplice romanziere; la sua capacità di riflettere sulla morte come sulla vita, la forza di non abbandonare mai la il sentimento della speranza per una vita futura, fatta di uomini tutti uguali. Nella continua descrizione degli eventi , cardine fondamentale dell’intera narrazione è la testimonianza di Primo Levi sul fatto che non bisogna dimenticare, bensì denunciare ulteriormente tutto questo per non dare la possibilità di ricaderci ancora.

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    1. SE FOSSI RIUSCITO A INSERIRE RIFERIMENTI PRECISI AL TESTO PER POI INDICARVI QUALI EMOZIONI E RIFLESSIONI TI ABBIANO SUSCITATO...ALLORA SAREBBE STATO PERFETTO!!!

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  21. Uno, nessuno e centomila” è un libro di Pirandello,pubblicato tra il 1925 e il 1926 su La Fiera letteraria. Il protagonista è Vitangelo Moscarda, detto Gengè, uomo benestante che vive di rendita nel piccolo paese di Richieri. Una mattina sua moglie Dida gli fa notare che il suo naso pende leggermente verso destra. L’avvenimento,apparentemente banale , lo turba nel profondo: lo porta a riflettere sulla percezione che ha di sé, completamente diversa da quella che di lui hanno gli altri. Tentando di osservarsi meglio vengono man a mano fuori imperfezioni su imperfezioni che, ignorate da lui stesso, erano invece piuttosto familiari a chi gli stava intorno. Moscarda si rende allora conto di non conoscersi come dovrebbe, di non essere più lui, ma un altro, e differente per ciascuna persona con la quale si trova a contatto. Nel pieno di questa sua esasperante riflessione inizia così ad assumere atteggiamenti del tutto inusuali,fuori d’ogni logica,oltre che dalla sua,ma funzionali alla sua incredibile ricerca: sfratta una famiglia per poi regalarle un appartamento nuovo; decide di liquidare la banca ereditata dal padre per riavere indietro i suoi risparmi ed infine improvvisamente esplode, esplicitando parte dei suoi complessi pensieri, tanto da essere scambiato per matto e da spingere sua moglie alla fuga. Un'amica di quest’ultima, Anna Rosa, lo avvisa di alcune pratiche attuate dalla stessa Dida e da altri suoi amici per farlo rinchiudere in manicomio. Per difendersi da questo complotto, Vitangelo le diventa amico e vedendola come l’unica persona con la quale potersi confrontare, le svela le conclusioni tratte dalla sua vita ma anch'ella, non in grado di capirlo,lo prende per pazzo e tenta di ucciderlo. Egli troverà pace solo in un secondo momento,dopo essersi rivolto al vescovo Monsignor Partanna, il quale gli consiglia di donare tutti i suoi beni ai poveri; per questi infatti fonderà un ospizio dove anch’egli passerà i suoi ultimi giorni di vita, paradossalmente più felice di prima, nel tentativo di liberarsi di quell'Uno e di quei Centomila, allo scopo di diventare, per tutti e per se stesso, Nessuno. Gengè rappresenta un personaggio incredibilmente dinamico, matura nel corso di tutto il romanzo combattendo contro quelle che Pirandello definisce "maschere". Servendosi di esso l’autore vuol far intendere che l’uomo non viene riconosciuto dagli altri per ciò che è realmente, ma viene sostituito, nella loro mente e nella loro vita, da un'altra figura. Dunque, finisce col non esistere affatto: quelle centomila rappresentazioni che si hanno di un uomo,derivanti dalla moltitudine delle diverse impressioni che trasmette, vanno a frammentare la sua essenza unitaria, il suo essere uno,annientandolo completamente e rendendolo un nessuno. La vita è dunque un meccanismo infinito,malato che porta ad adeguare il proprio atteggiamento all'opinione degli altri: si tende a fare e dire ciò che gli altri si aspettano che si faccia o si dica. Vitangelo si sottrarrà infatti a questa vita che non sente di poter definire tale, poichè per tendere al raggiungimento di una condizione autentica e reale, immune dalla falsità e dalla menzogna, non vede altra soluzione che escludere "gli altri". La conclusione a cui arriva è che qualunque dimensione, contaminata dalle opinioni e supposizioni degli altri, sarebbe illusoria e quello che Pirandello vuole fare è metterne il lettore a conoscenza.

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    1. CHI SEI??????????...LA PRIMA PARTE è UN LUNGO RIASSUNTO...POI IL COMMENTO è CORRETTO MA POCO PERSONALE...LA TEMATICA DELL'ESSERE E DELL'APPARIRE TI APPARTIENE...Sì, NO??? 6

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    2. Allora chi sei??? non sei Andrea...chi sei??? visto che hai postato il 4 il tuo voto è valido...svelati, orsù

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  22. Relazione del romanzo di George Orwell "1984"

    "1984" è forse il più famoso e importante romanzo dello scrittore e giornalista inglese George Orwell ( 1903-1950), scritto nel 1948 e pubblicato l'anno successivo.
    Quest' opera è considerata il più celebre esempio di romanzo distopico, ovvero nel quale viene descritto un luogo indesiderabile dove vivere; infatti è ambientato in un futuro prossimo, nel 1984 appunto, dove il mondo si presenta come un luogo deteriorato dalla seconda e terza guerra mondiale, in cui esistono solamente tre superstati quali L'Oceania, L'Eurasia e L'Estasia, sempre in conflitto tra di loro.
    Ognuno di queste tre superstati è governata da un partito dominante, in Oceania, dove si svolgeono le vicende, la società è governata dal Socing, ossia il socialismo inglese in neolingua (La lingua imposta dal partito) e dal Grande fratello, il dittatore e capo indiscusso del regime, la cui reale esistenza non viene mai chiarita nel corso del Romanzo.
    Questa società si divide in tre gerarchie: i membri del partito interno, i più potenti del regime che fanno comunque capo al Grande Fratello, i membri del partito esterno, che amministrano i quattro ministeri e i proletari.
    Il Grande fratello dunque è l'elemento più potente di questa società dominata dall'ortodossia, che controlla ogni suo cittadino con telecamere piazzate in ogni singolo posto, case uffici e luoghi pubblici, in modo da prevenire ogni psicoreato ossia l'elaborazione, anche solo attraverso il pensiero, di concetti o comportamenti che vadano contro i principi del partito e del Socing; nel caso in cui un cittadino viene sorpreso a compiere una di queste azioni viene arrestato, malmenato e infine torturato dalla Psicopolizia. Psicopolizia e le varie telecamere sono quindi braccia e occhi del Grande Fratello.
    Il protagonista principale del romanzo è Winston Smith, un'uomo solo, lasciato dalla moglie e senza figli, che lavora nel ministero della Verità, che al contrario del nome si occupa della riscrittura di tutti i dati storici anche quelli appena passati e della censura di libri e giornali che non rispecchiano la linea di informazioni imposte dal regime; di fatto il regime non vuole che la gente abbia una memoria persistente di ciò che è accaduto nel mondo, cambiando giornalmente dati storici ed altri eliminandoli del tutto, punendo chi ricorda le cose accadute in passato. Da qui dunque viene uno dei motti del regime: "L'ignoranza è forza".
    Winston anche lavorando in questo ministero per molti anni, non appoggia il regime e anzi lo odia profondamente, supportando una fantomatica fratellanza formata da tutti gli oppositori del regime che sono riusciti a rifugiarsi in altri stati.
    Winston non potendosi esporsi apertamente, scrive i suoi pensieri eterodossi sul suo diario in una stanzetta affittata nel territorio proletariato, perché poco sorvegliato.
    Durante i due minuti d'odio, momento in cui la popolazione si riunisce davanti ad un enorme teleschermo per inveire contro il traditore della patria, nonché leader della fratellanza, Emmanuel Goldstein, Winston conosce Julia, una giovane ragazza che lavora con lui nel ministero. Tra i due nasce subito una forte attrazione sessuale colmata dal fatto che entrambi avevano una posizione nettamente contraria al Socing.
    Durante gli stessi due minuti d'odio, Winston conosce anche O'Brien, uno tra i più importanti membri del partito interno, che facendogli credere di essere anche lui contrario al Grande Fratello lo invita a casa sua per consegnargli il "libro" ossia una saggio scritto da Goldstein, la bibbia di tutti gli oppositori.
    Winston e Julia si incontrano di nascosto per avere dei rapporti sessuali, proibiti dal regime, e per leggere alcuni passi tratti dal "libro".

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  23. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  24. parte 2°

    La loro relazione dura alcuni mesi, finchè non vengono scoperti sul fatto dalla Psicopolizia, che li arresta e li rinchiudono nelle carceri del ministero dell'amore.
    Lì Winston capisce di essere stato tradito da O'Brien, che dopo di essersi occupato della riabilitazione di Julia, si occupa anche della sua tortura e del lavaggio del cervello.
    Finita la tortura, per completare la riabilitazione, Winston viene condotto nella stanza 101, nella quale gli psicocriminali vengono torturati con terribili supplizzi che corrispondono alle loro più profonde fobie. Nel caso di Winston la fobia più grande sono i topi, che ricorrono spesso nei suoi incubi. Davanti alla gabbia contenente due topi che gli viene posta dinanzi alla faccia, Winston perde anche l'ultimo granello di dignità e valore che gli era rimasto rinnegando tutto: la sua posizione avversa all'ortodossia e al soing e l'amore per Julia, arrivando addirittura a dire di torturare lei al posto suo.
    In seguito alle terribili tortura della stanza 101, Winston perde totalmente la sua umanità e con essa tutti i suoi sentimenti. Ora anche lui, come Julia, è stato riabilitato.
    A dimostrare il tutto i è l'incontro tra i due, ormai, ex amanti, che seduti al tavolo di un bar ammettono ognuno di aver tradito l'altro.
    Quando poi Julia lascia il bar, Winston si volta verso un manifesto sul quale era raffigurato il Grande Fratello, dicendogli " Ti amo", la stessa frase che i due amanti si ripetavano per tutto il romanzo. <>.
    Orwell scrisse questo libro due anni pirma di morire, all'indomani della seconda guerra mondiale e ci spiega le sue paure e angoscie di un mondo sottoposto alle dittature e immagina un futuro conseguente. Per quanto la visione dell'autore è volutamente esasperata, l'opera fa riflettere sulle capacità di alienazione dei sistemi di informazione odierni che, in maniera molto meno potente ma sistematica riescono comunque a pilotarel'attenzione e il pensiero comune su problematiche talvolta secondarie, più spesso frivole e con finalità palliative.

    Valerio.B.

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    1. HAI SCRITTO UN BEL RIASSUNTO...MA NON DICI MAI IN CHE COSA IL TESTO TI ABBIA COLPITO...SE LE TEMATICHE AFFRONATE TI HANNO SUGGERITO RIFLESSIONI VALIDE OGGI...

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  25. “La Metamorfosi” è un racconto scritto e pubblicato nel 1912 dallo scrittore boemo Franz Kafka. Il testo, attraverso un linguaggio semplice e chiaro, in tre capitoli discute una trama apparentemente semplice e spoglia che verte attorno ad un episodio fantastico, dietro al quale però si cela una continua ricerca verso l'allegoria e la metafora da parte del poeta; quindi, dietro alla banalità che può suscitare la storia del protagonista Gregor Samsa, il quale un mattino si risveglia trasformato, dopo una metamorfosi avvenuta nella notte, in un insetto, si nascondono tematiche pesanti ed importanti con cui lo scrittore cerca ti toccare le emozioni del lettore. In particolar modo attraverso l'orrida condizione del protagonista e l'incapacità della famiglia di instaurare con lui un rapporto umano, l'autore vuole rappresentare la situazione alla quale il "diverso" viene tragicamente condannato nella società; va inoltre aggiunto che l'intera opera per essere compresa a fondo andrebbe letta in chiave autobiografica, dove il protagonista Gregor Samsa è considerato una sorta di “alter ego” dello scrittore Kafka; infatti, la metafora dell'insetto non rappresenta altro che una visione non ottimistica dello scrittore, che spesso nella sua vita ha vissuto momenti infelici (come la negazione della libertà espressiva nella letteratura da parte della sua famiglia); inoltre con ciò, l' autore sembra ammonirci e allo stesso tempo suggerirci l’importanza delle apparenze nella società d’oggi. Infine, anche la salute malferma di Kafka può essere riscontrata nel racconto, identificandosi con le grandi sofferenze fisiche dopo la trasformazione del protagonista, alleviate soltanto dalla sorella Grete che rimarrà sempre vicina a Gregor e dalla sua musica della quale quest'ultimo si innamorerà, essendo l'unica cosa spensierata e felice nella sua sempre più difficile situazione.
    Alessandro Pasqui.

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    1. alla banalità che può suscitare la storia del protagonista Gregor Samsa BANALITà NON MI PARE LA PAROLA ADATTA!

      che spesso nella sua vita ha vissuto momenti infelici (come la negazione della libertà espressiva nella letteratura da parte della sua famiglia)...L'OPERA è RIUSCITA SE DA UNO SPUNTO AUTOBIOGRAFICO RIESCE AD UNIVERSALIZZARSI E A PARLARE A MOLTE PERSONE! NON IL CONTRARIO!

      COSA HA DETTO A TE!!! SEI TOCCATO DA TALI TEMATICHE...TI SONO ESTRANEE???

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  26. Lavorare stanca. Cesare Pavese.

    Immergersi nella più totale quotidianità fatta di colline, città, campagna, uomini e donne, protrarsi con la mente fin nelle situazioni domestiche di Torino rurale per poi passeggiare ogni tanto su strade più asfaltate che raccontano storie, giovani o vecchie che siano, mi distacca dallo smog intellettuale della mia città. ‘La composizione della raccolta è durata tre anni. Tre anni di giovinezza e di scoperte, durante i quali è naturale che la mia idea della poesia e insieme le mie capacità intuitive si sian venute approfondendo’ così Pavese descrive nell’appendice il percorso ramificato di queste poesie che raccoglie sotto l’insegna ‘Lavorare stanca’ edita diverse volte da Einaudi per cause legate alla censura fascista. Ma il poeta non intende farne una questione di partito: nonostante la prima pubblicazione risalga alla sua liberazione dall’accusa di antifascismo e al suo ritorno a Torino, il messaggio complessivo della raccolta non ha nulla a che vedere con la politica in senso pubblico. La politica entra nella raccolta solo nascondendosi sotto le vesti maleodoranti dei contadini, o sotto le mentite spoglie di un adolescente crucciato che non possiamo più riconoscere per via del tempo che sotto i nostri occhi già l’ha trasformato in un vecchio vagante per le vie del suo paese. Questi personaggi entrano nell’immaginazione del lettore per la loro spiccata veridicità che gli permette di poter osservare le loro esperienze come fossero parte delle sue. Anche se sono riunite in una stessa opera ogni poesia ha una sua singola anima, il loro punto in comune è nel modo e nell’argomento: la caratteristica che le contraddistingue è l’innovazione pavesiana di raccontare la poesia come fosse prosa, in stile narrativo, con versi più lunghi e di più ampio contenuto. La raccolta è strutturalmente divisa in sei capitoli (Antenati, Dopo, Città in campagna, Maternità, Legna verde, Paternità), paragonabili a dei grandi insiemi di aree di significato tutte però ovviamente molto simili in stile. Considerando in modo generico tutte le poesie, si alternano momenti di descrizioni di paesaggi a descrizioni di situazioni familiari e umane. Una caratteristica che salta all’occhio è la ripetitività del lessico come anche dei luoghi (le colline, la città, la strada), una semplicità incalzante che arriva ad essere quasi claustrofobica e probabilmente riflettente l’animo del poeta stesso. E’ predominante il tema del silenzio e della solitudine, sottolineato dalla scelta di luoghi solitari e che si protrae anche nei capitoli successivi sotto forma di mancanza di una presenza femminile. Quest’ultima è un tema importante in tutte le poesie, poiché viene vista come il centro della famiglia, colei attorno a cui si fondano le mura domestiche. Come tutte le opere letterarie è fondamentale leggere le parole dell’autore affinché si possa entrare completamente nell’atmosfera del racconto, ma quando esso è sotto forma di poesia si instaura un rapporto diverso tra lettore e scrittore: ciò che si sta tentando di comunicare diventa quasi una confidenza e non più un racconto. Aleggia una nube di intimità e familiarità in tutte le liriche impossibile da far traspirare in forma di prosa. ‘Val la pena esser solo, per esser sempre più solo?’

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    1. beh...bel testo!!! ma la prima persona matura??

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    2. visto che non mi aveva risposto subito e la relazione era da fare entro lunedì ho preferito evitare e quindi l'ho abbandonata dopo la prima frase :D

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    3. visto che non mi aveva risposto subito e la relazione era da fare entro lunedì ho preferito evitare e quindi l'ho abbandonata dopo la prima frase :D

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  27. Se questo è un uomo, Primo Levi
    Tutti noi abbiamo ben impressa nella nostra memoria la crudele esperienza del popolo ebraico negli anni del primo dopoguerra e della Seconda Guerra Mondiale. Auschwitz o Buna Monovitz sono alcuni dei luoghi che godono di una macabra fama, essendo sedi di campi di concentramento; luoghi in cui, uomini donne e bambini venivano rinchiusi, costretti a lavori forzati (che, se erano fortunati, fruttavano loro qualche mese di vita in più) ed infine, per la maggior parte delle volte, uccisi. Ma, a mio parere, l’orrore più grande va ben oltre i maltrattamenti: l’orrore più grande, più mostruoso risiede in ciò che gli artefici del probabile peggior errore nella storia moderna fecero: negare, negare e negare. Ebbene, per quel popolo a cui fu negato tutto, persino la propria umanità, l’unica, mera consolazione è la consapevolezza che tutto ciò può e deve essere trasmesso ai posteri, affinché non accada mai più. Fu a questo scopo che in moltissimi, colpiti personalmente, scrissero (o trovarono qualunque altra forma di comunicazione) affinché tutti ricordassero. Un esempio è Primo Levi con “Se questo è un uomo”.
    “[…]La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo. Mi rendo conto e chiedo venia dei difetti strutturali del libro. Se non di fatto, come intenzione e come concezione, esso è nato fin dai giorni del Lager. Il bisogno di raccontare agli “altri” partecipi, aveva assunto fra noi, prima della Liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri impulsi elementari […]
    “Se questo è un uomo” colpisce subito con il suo titolo insito di immagini: da una parte l’uomo costretto a vivere come fosse un animale, privato dei suoi diritti e della sua umanità; dall’altro un uomo altrettanto disastrato, la cui umanità non gli fu sottratta, bensì scappò da esso, ed, in un certo senso, anche lui ridotto ad animale. Insomma, Primo Levi mette subito in risalto l’umanità di tutti gli individui che parteciperanno alla sua storia, siano essi carnefici o vittime.
    “Perciò, questo mio libro, in fatto di particolari atroci, non aggiunge nulla a quanto è ormai noto ai lettori di tutto il mondo sull’inquietante argomento dei campi di concentramento. Esso non è stato scritto allo scopo di formulare nuovi capi d’accusa; potrà piuttosto fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano.”
    “Se questo è un uomo” mi è piaciuto moltissimo, tuttavia un capitolo che mi ha colpito molto è stato il “Canto di Ulisse”. Primo, provvisto di un’ora libera, decide di tradurre questo canto a Pikolo in francese. Sin dal verso “considerate la vostra semenza/fatti non foste per viver come bruti/ma per cercar virtute e canoscenza” è palese che ciò che Primo sta dicendo interessa tutti, nessuno escluso, e rivendica ulteriormente la ricerca dell’umanità perduta. Credo che sia l’immagine più emblematica che l’autore potesse fornirci: il più abile dei Nessuno che aiuta proprio Primo a tornare qualcuno.
    Ho letto questo libro innumerevoli volte, eppure ogni volta riesce ad emozionarmi, commuovermi e rendermi contenta di vivere in questo momento storico. Ed ho detto tutto.
    Ps: purtroppo, non avendo visto la risposta della prof perché sono tornata ora, sono andata sul sicuro…. Ma la rivista la porto lo stesso!

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  28. Perdono, è "per seguir virtute e canoscenza"
    e sono Giulia.

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  29. ANDREA CARDARELLI
    "IL PARADISO DEGLI ORCHI"

    Primo romanzo del ciclo Malaussène, Il paradiso degli orchi ruota intorno alla figura di Benjamin Malaussène. Oltre a Benjamin, al centro del romanzo vi è la sua famiglia allargata: una sorella veggente (Thèrese), una sorella platonicamente innamorata di Ben e appassionata di fotografia (Clara), una mamma che vive il suo amore in qualche posto lontano, dei fratelli piccoli (Jeremy e Il Piccolo) e Julius, un cane epilettico.
    Come lavoro Ben fa il capro espiatorio in un Grande Magazzino dove girano figure non meno strampalate. Ed è proprio nel luogo di lavoro che succedono i fatti che lo coinvolgeranno in prima persona e che rischiano di sconvolgergli la vita.
    La trama si basa su una serie di misteriose esplosioni che avvengono all’interno dei Grandi Magazzini, in ognuna delle quali muoiono dei vecchietti. Il primo sospettato è Benjamin stesso, ma grazie all’aiuto di Clara e una misteriosa reporter ribattezzata zia Julie, il capro (Ben) riuscirà a scoprire l’orrore che si cela dietro queste morti.
    In questo libro Daniel Pennac è davvero bravo a delineare i tratti dei vari personaggi, a descriverli fisicamente e caratterialmente e a farteli sentire vicini con le loro particolarità che li rendono, a una prima impressione, alquanto “estrosi” e così diversi dal comune, ma che in fondo hanno quelle caratteristiche che si possono ritrovare in ognuno di noi e che fanno parte della vita. Una vita che diventa sempre più rumorosa (ecco la scelta del Grande Magazzino) e rischia di distogliere le persone dalle cose importanti.
    Personalmente è un libro che ho letto con voglia, grazie anche ad una storia ricca di suspence,colpi di scena e situazioni assolutamente paradossali e spassose, con un linguaggio ironico e accattivante. La trama di fondo farebbe pensare inizialmente ad un giallo, il titolo ad un fantasy, ma io lo definirei più cha altro “fantastico”: è vero che i personaggi non sono fate e orchi, ma un cane epilettico, un capro di professione e una veggente si possono certamente definire come personaggi fuori dal comune.
    Infine si può definire come un libro che, presentando tutte queste caratteristiche, diventa adatto ai lettori di qualunque fascia di età.

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  30. A chi non teme il dubbio
    A chi si chiede i perché
    Senza stancarsi e a costo
    Di soffrire di morire
    A chi si pone il dilemma
    Di dare vita o negarla
    Questo libro è dedicato
    Da una donna
    Per le donne”
    “Lettera a un bambino mai nato” del celebre “scrittore” (come amava definirsi lei) Oriana Fallaci, viene pubblicato per la prima volta nel 1975, nel bel mezzo dell’acceso dibattito sulla legalizzazione dell’aborto, procurando non poche polemiche; è una riflessione, un monologo drammatico di una dona incinta, che, dopo i dubbi e la ribellione alla maternità, alternati a fasi di entusiasmo e orgoglio, vede la sua gravidanza, ormai accettata, non portata a termine, poiché la protagonista si trascura e non prende le giuste precauzione; è la lettera di una madre coraggiosa, che spiega al suo bambino come funziona il mondo.
    “Stanotte ho saputo che c’eri; una goccia di vita scappata dal nulla […] e ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri, e in essa mi perdo”, così la scrittrice-giornalista inizia le prime pagine di questo coinvolgente nonché toccante romanzo. Appare evidente qui come la donna protagonista del romanzo, di cui non sappiamo nulla,ne il nome, tantomeno l’età, sia sorpresa da questa notizia, e abbia paura, ma non bisogna incorrere nella banalità di pensare che ella abbia paura di affrontare una gravidanza, o del giudizio della gente, o del dolore, come dichiara lei stessa, ma bensì ha paura di lui, di costringerlo alla vita: “E se nascere non ti piacesse?, e se me lo rimproverassi una giorno gridando?”, il mondo è corrotto, violento, l’amore una parola ambigua, la giustizia non esiste e la libertà è un sogno!
    Abbiamo qui riportato un chiaro esempio di una donna forte, autonoma, che ha il coraggio di compiere una scelta che in quel periodo non tutti avrebbero fatto: single, con una carriera da portare avanti, senza l’appoggio del compagno, il quale la invita ad abortire, offrendosi di contribuire economicamente all’intervento.
    Non sa che fare, è confusa , incerta, molti le consigliano di abortire, e lei per un momento ci pensa anche, la valuta come opzione appetibile.
    Ha il diritto di negare la vita al suo bambino? E allo stesso tempo, che diritto ha lei di costringerlo alla vita?
    Chiede al bambino un segno, come quello che la mamma sostiene le diede lei, per farle intendere quale fosse la sua volontà, ma il bambino non le risponde, deve decidere lei. Lo farà nascere, perché nonostante tutto la vita è bella!
    Fa questa scelta anche se ciò la metterà contro molte persone, primo tra tutti il ginecologo (ottuso), poi il suo datore di lavoro, che minaccia di licenziarla se non porterà a termine tutti i lavori assegnategli.

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  31. Gli unici da cui ottiene appoggio sono i suoi genitori, la mamma, che sostiene che senza bambini il mondo finirebbe.
    La storia prende una piega diversa quando la donna ha una minaccia di aborto, si reca dal dottore che le dice di stare al letto, in assoluto riposo; la donna non lo accetta, si sente privata della sua libertà, non riesce a spiegarsi come i diritti di una “persona” non ancora nata possano prevalere su quelli di una persona viva.
    Trova conforto nella ginecologa, la quale le dice di stare tranquilla, che può tranquillamente muoversi, lavorare, viaggiare, le dice che è libera! A queste parole la donna intraprende un viaggio, molto stressante, durante il quale vedrà aggravarsi le sue condizioni di salute, IL SUO BAMBINO MORIRA’, e con esso rischia la vita anche lei stessa, che non vorrà rassegnarsi a questa idea e perciò non vuole liberarsi del bambino morto.
    “Sbagliavi, sbagli a pensare che io non credo alla vita. Ci credo, ci credo! E mi piace. Anche con le sue ingiustizie,le sue infamie … Dovevi resistere. Dovevi combattere, vincere! Hai ceduto troppo presto, non eri fatto per la vita. Perché avresti dovuto diventare un uomo o una donna mi chiedi? Ma perché la vita esiste, bambino. Mi passa il freddo a dire che la vita esiste, mi passa il sonno, mi sento io la vita!”
    È un libro molto complesso, che tocca molte tematiche: la gravidanza, l’aborto, l’amore, la maternità, l’emancipazione femminile.
    L’autrice non darà mai un parere personale sull’aborto, lascerà il giudizio ai lettori, agli altri, che potranno criticare o condividere le scelte della protagonista. Una cosa è certa, questo libro rimane, anche a distanza di quasi trenta anni molto attuale; ciò dovrebbe farci riflettere, nonostante si sia cercato di porre rimedio a queste problematiche, anche con delle leggi, rimane un forte divario nelle mentalità della gente, divario accentuato dal contrasto tra scienza e religione. È giusto poter decidere la sorte di un futuro essere umano?, oppure no?
    Sarà sempre un libro attuale, in quanto attuali saranno sempre tematiche quali la vita e la morte..
    “Qualcuno corre, grida, si dispera. Ma altrove nascono mille, centomila bambini, e mamme di futuri bambini: la vita non ha bisogno ne di te ne di me. Tu sei morto. Ora muoio anch’io. Ma non conta. Perché la vita non muore”.


    Perla

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  32. Silvia Venturini
    La fattoria degli animali __ George Orwell
    Il romanzo è ambientato in una fattoria, la "Fattoria Padronale", dove gli animali vengono maltrattati e sfruttati dal signor Jones, loro padrone.
    Un giorno un vecchio verro, fece notare agli altri animali della Fattoria quanto fossero soggetti al potere degli uomini che usufruivano del loro lavoro nei campi e dei loro prodotti come latte e uovo senza avere in cambio niente più che una piccola razione di cibo; da quel momento gli animali iniziarono a considerare gli uomini loro soli ed unici nemici.
    Il signor Jones divenuto ormai alcolista iniziò a trascurare ulteriormente i suoi animali che ben presto decisero di mettere in atto una vera e propria Ribellione, che riuscirono a portare a buon fine, cacciando Jones, sua moglie e i suoi aiutanti dalla fattoria, che da quel momento venne rinominata "Fattoria degli Animali". Tuttavia, poco dopo la ribellione e dopo la formulazione dei sette comandamenti, che saranno alla base della nascente dottrina dell'Animalismo, nella fattoria emerse la classe sociale dei maiali, che con astuzia e prepotenza si imposero sugli altri animali; emersero in particolare le figure di due giovani maiali Napoleone e Palladineve, ma quest'ultimo venne presto allontanato dalla fattoria, dal gruppo di cani fedeli protettori di Napoleone.
    Egli assunse ben presto un ruolo fin troppo predominante, paragonabile a quello di un dittatore, tanto da arrivare, grazie a giri di parole troppo complessi da essere compresi dagli altri animali di minor cultura, a cambiare i sette comandamenti in suo favore ma in particolare egli cambiò il più importante tra tutti i comandamenti da "tutti gli animali sono uguali" a "tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri".
    La storia è caratterizzata da un profondo insegnamento che dovrebbe essere anche alla base dell'odierna società. George Orwell nella sua opera evidenzia in partilcolare la negatività e l'assurdità delle società dittatoriali e totalitarie che portano l'uomo (e in questo caso gli animali) ad una sempre maggiore fame di potere e se si presta un pò di attenzione è inoltre evidente l'incitamento al popolo verso lo studio, la conoscenza e l'allontanamento dell'ignoranza che invece permette al dittatore di agirare facilmente il suo popolo.

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    1. troppo riassunto e poco commento-analisi...che cosa ti ha colpito, quali parti ti sono sembrate legate alla tua realtà???

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  33. Azzurra parte 1
    Cesare pavese – Paesi tuoi
    Diretto, lucido, tagliente, Paesi tuoi è il romanzo d’esordio di Cesare Pavese, edito nel 1941. E’ la storia di Berto, un meccanico torinese e Talino, un contadino di Monticello, un paese vicino. I due si sono conosciuti in prigione, dove sono finiti l’uno “per aver schiacciato un ciclista”, l’altro accusato di incendio doloso, e al momento di uscire Talino invita Berto nella sua casa di campagna dove c’è bisogno di un meccanico per la macchina trebbiatrice. È estate, è il momento di mietere il grano, e pochi giorni passati nella cascina nei pressi di Monticello bastano a Berto per innamorarsi della più giovane delle sorelle di Talino, Gisella. Ma Talino ne è profondamente geloso, di una gelosia animalesca, incestuosa, che già in passato lo aveva portato a violentarla e che con l’arrivo di Berto esplode nuovamente in un crescendo di litigi che culminano con la morte della povera ragazza, sgozzata dal fratello, come un animale, con un forcone per il fieno.
    Nell’intensa brevità di questo romanzo Pavese mostra dunque il comportamento mostruoso e innaturale di un uomo, anzi un ragazzo (Talino non ha più di 26 anni), un agire seguendo il puro istinto e dimenticando completamente la propria umanità determinato da una struttura sociale che impone una rigida sottomissione del sesso femminile a quello maschile: la famiglia di Talino è composta dal signor Vinverra, il capofamiglia, la cui ombra ne avvolge costantemente e interamente tutti i membri, sorvegliando il loro agire e financo il loro esprimersi, perché sia conforme alle sue volontà e gliene venga il dovuto rispetto, da Talino stesso e da ben quattro donne: la moglie di Vinverra e le loro altre quattro figlie: Adele, Pina, Miliota e Gisella.

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  34. Azzurra parte 2
    Per tutta la durata della storia si percepisce l’autorità del capofamiglia che si impone sulle donne della casa, come ad esempio quando picchia Gisella per aver accusato Talino, appena tornato dalla prigione, seppure a ragione, di aver effettivamente dato alle fiamme la cascina, motivo per il quale era stato preso e poi rilasciato. L’unico ad essere immune a questa oppressione è Talino, la cui violenza contro la sorella, nel passato, e persino le accuse di incendio che lo hanno fatto finire in prigione, vicende presenti, sono letteralmente ignorate da tutti i membri della famiglia a causa della smodata libertà di comportamento (e anche libertà dall’essere giudicati) concessa agli uomini; sua madre addirittura lo vede come un fanciullo indifeso che ha bisogno di essere protetto e supplica Berto perché lo guardi dal cacciarsi nei guai ancora una volta. Si scoprirà infatti che Talino ha già dei precedenti penali di diverso tipo, tutte accuse cadute per mancanza di prove, ma questa volta per il presunto incendio un testimone oculare c’è, ed è Gisella, ma Gisella è donna, non merita d’essere ascoltata, e l’eventuale reato di Talino infangherebbe l’onore della famiglia, perciò non viene presa in considerazione e anzi, con percosse e minacce, messa ogni volta a tacere. L’arrivo di Berto è tuttavia provvidenziale, perché la osserva, la ascolta ed ha già capito tutto, ma Gisella ha paura e non vuole confidarsi con lui anche se gli osserva un trattamento di favore, mentre invece avversa, giustamente, Talino. Ed è così che per un banale gesto di cortesia nei confronti del primo, l’offerta di un secchio d’acqua per bere, e di scortesia nei confronti del secondo, l’ordine di aspettare il suo turno per non accavallarsi e quindi sporcare l’acqua nel secchio, che questi, armato con un forcone, con il quale stava smuovendo del grano, accecato da un’insensata arrogante furia, la uccide.
    Così con la vicenda di Gisella, vittima innocente di questa tragedia, che si conclude fortunatamente con l’arresto di Talino, un innovativo Pavese tocca la tematica della violenza incestuosa, un tabù per l’epoca (nel romanzo infatti, sebbene tutti siano a conoscenza della brutalità compiuta nel passato da Talino, continuano a vivere e a tollerare il comportamento sgarbato di questi nei confronti di Gisella come se nulla fosse accaduto)e in maniera assolutamente efficace, grazie ad un lessico profondamente realistico, ricco di termini di uso comune per l’epoca, riesce a raccontare con intensità tutto il sistema di valori che caratterizza la vita familiare del suo tempo.

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    1. penso che queste tematiche ti interessino vista la tua sensibilità verso gli altri...avresti potuto parlare della tua visione del problema...far riferimento al alcune parti del testo particolarmente significative!

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    2. La tematica della violenza sulle donne e più in generale della considerazione della figura femminile nella società contemporanea mi toccano particolarmente perché vivo da donna in una società nella quale ci sono ancora molte persone che pensano alle donne come “oggetti” di cui disporre a proprio piacimento (vedere i fatti di cronaca sui numerosi giri di prostituzione), come presenze gradevoli e niente più (le numerose vallette che compaiono nei programmi televisivi), che le considerano inferiori (le assicuro c’è ancora gente, e ciò che è più spaventoso è che appartiene ad ogni fascia d’età, che pensa che le donne, in quanto donne, siano capaci solo a occuparsi di faccende domestiche) e le svalutano (quante donne sono discriminate sul lavoro al momento dell’assunzione perché probabilmente un giorno andranno in maternità?) e la cosa peggiore è che parte della popolazione femminile italiana si identifica in questo guscio di vacua materialità mettendosi in mostra e trasmettendo un immagine di “donna contemporanea” totalmente sbagliata per raggiungere in modo semplice e veloce i propri scopi (successo, denaro … un impiego politico …), senza preoccuparsi del fatto che ciò vada a ledere, anzi quasi ad annientare la dignità femminile, di tutte le donne.
      Forse bisogna prendersela con queste donne e il loro egoismo, forse bisogna prendersela con chi consente loro di far passare il messaggio che trasmettono e fa di tutto (ossia non fa nulla per fermarle) perché chi riceve questo messaggio lo ponga come assunto di base del proprio concetto di femminilità, ma non volevo entrare nella polemica.
      Ciò che mi ha colpito del libro che ho letto sono stati il sorprendente realismo e l’attualità della vicenda narrata: Pavese racconta un episodio, quello dello stupro, e incestuoso per giunta, che seppure collocato nel suo tempo potrebbe benissimo accadere a giorni nostri e l’ambientazione, che caratterizza così tanto i suoi romanzi per me è completamente sfumata quando sono arrivata al dialogo di Berto con la padrona dell’osteria e ho scoperto cos’era accaduto realmente a Gisella.
      Mi ha sconvolta l’indifferenza di tutta la famiglia nei confronti del comportamento di Talino, mentre quando una delle ragazze risponde male al padre viene “battuta con la cinghia”. Ma forse in realtà mi ha sconvolta la consapevolezza che cose del genere possono accadere e accadono oggi, nel tempo in cui io vivo.
      Era questo che volevo dire, leggendo acquisto ogni giorno un po’ più di consapevolezza del mondo che mi circonda, forse è una considerazione ovvia, (forse la maggior parte delle persone danno per scontato di sapere che certe cose accadono, ma secondo me non ci si rende davvero conto di ciò finché queste cose non si sperimentano o in prima persona o nella persona di altri (i personaggi di questo romanzo) ma utilizzando la propria testa per analizzare la situazione) ma è in questo senso che “Paesi tuoi” ha toccato le corde della mia anima.

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  35. bene!!!!! è questo un testo argomentativo personale!!!!!

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  36. La lettera scarlatta è un romanzo di Nathaniel Hautorne pubblicato nel 1850.
    Il romanzo racconta la storia di Ester Prinne,condannata a portare sul petto una lettera rossa,una lettera scarlatta appunto,la lettera A come condanna per l'Adulterio.
    Il frutto di questo amore extra coniugale è Perla:la figlia di Ester e,come si scopre nei capitoli finali del libro,del reverendo Dimmesdale,pastore della città e considerato da tutti un sant'uomo.
    Questo libro ci fa scoprire le abitudini e le leggi della società puritana del XVII secolo, la loro austerità e la morale portata all'estremo.
    Nonostante i pregiudizi su di lei e su sua figlia,definita come "frutto del maligno",alla fine del romanzo,riesce a farsi accettare dalla gente della Nuova Inghilterra come PERSONA attraverso azioni di carità e aiutando i malati o chiunque avesse bisogno di aiuto fino a quando quel segno che la aveva contrassegnata come peccatrice non assunse un significato nuovo:simbolo di Bontà e Rispetto.
    Con questo romanzo l'autore vuole evidenziare come il dolore e la sofferenza hanno cambiato la protagonista facendole accettare quel simbolo e a portarlo con orgoglio.
    IL libro è interessante anche dal punto di vista psicologico,poichè insegnaad accettare ciò che ci accade e a farlo diventare la nostra forza.

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  37. Valerio S.

    P.S. prof scusi per il ritardo ma HO POTUTO PUBBLICARLO SOLO ORA.

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