martedì 8 gennaio 2013

-Recensione libro dicembre:



73 commenti:

  1. MILLE SPLENDIDI SOLI di KHALED HOSSEINI – ALESSIO VERGARI parte 1

    “Mille splendidi soli” è il secondo romanzo dello scrittore Khaled Hosseini, dopo il capolavoro de “Il cacciatore di aquiloni” pubblicato nel 2003. Il libro narra della storia di due donne, dell’intreccio di due destini e della loro vita in un’Afghanistan dove l’amore e l’amicizia sembrano ancora l’unica salvezza ai vari conflitti e guerre che negli anni si sono susseguito fino ad oggi.
    Mariam è una ragazza di quindici anni che vive a Kabul che il giorno del suo quindicesimo compleanno decide di andare a trovare suo padre, il ricco e potente Jalil, che vergognandosi di lei, non la riceve. Da questo momento la ragazza nutrirà un profondo odio per suo padre e quando fa ritorno a casa trova la madre morta impiccata ed è costretta a vivere con Jalil fino a che non viene data in sposa a Rashid.
    Laila è la seconda ragazza protagonista del romanzo; è nata a Kabul nella notte in cui i russi hanno invaso la città. E’ una ragazza molto istruita, bella e giovane, rimasta incinta di Tariq, il quale deve partire per il Pakistan. Quando anche Laila decide di partire per raggiungere il suo amore in Pakistan, un razzo colpisce la sua casa lasciandola orfana e viene portata in salvo da Rashid che, dopo averla falsamente informata della morte di Tariq, la sposa e crede di essere il vero padre della bambina, Aziza.
    Ed ecco che le due protagoniste si incontrano, diventano amiche e decidono di scappare via da Rashid, ma vengono scoperte e picchiate violentemente.
    Laila è costretta a portare la figlia Aziza ad un orfanotrofio dopo la nascita di un altro bambino, Zalmai, vero figlio di Raschid, e un giorno, di ritorno da una visita ad Aziza, incontra Tariq che in realtà non era morto.
    Alla sera, Rashid venuto a conoscenza dell’incontro salta addosso a Laila per strozzarla ma viene fermato da Mariam che con una pala lo uccide: la ragazza decide in seguito di sacrificarsi per la sua amica, per Tariq e i due bambini, confessando tutto alla polizia che la condannerà a morte.
    Laila si sposa con Tariq, si trasferisce in Pakistan e dopo che gli Stati Uniti dichiararono guerra all’Afghanistan, decide di ritornare a Kabul per aiutare gli abitanti, ristrutturando anche l’orfanotrofio in cui era stata costretta a lasciare sua figlia Aziza.
    Mille splendidi soli è dunque un'incredibile cronaca della storia dell'Afghanistan degli ultimi trent'anni e una commovente storia di famiglia, di amicizia e della salvezza che possiamo trovare nell'amore.
    Mariam e Laila sono due donne che la guerra e la morte hanno costretto a condividere un destino comune. Mentre affrontano i pericoli che le circondano, le due ragazze protagoniste del romanzo danno vita a un rapporto che le rende sorelle e che alla fine cambierà il corso della loro vita.
    Con grandissima sensibilità e padronanza del racconto, l’autore Khaled Hosseini mostra come l'amore di una donna per la sua famiglia possa spingerla a gesti inauditi ed a eroici sacrifici, e come alla fine sia l'amore l'unica via per sopravvivere, anche dinnanzi alla guerra.

    RispondiElimina
  2. VERGARI ALESSIO parte 2

    Mille splendidi soli è “Un romanzo denso, semplice e autentico” <>, come si legge sulla copertina dello stesso libro; è un romanzo capace di catturare l’attenzione del lettore, con uno stile di scrittura scorrevole, che stimola la lettura, a volte intrecciato.
    Una storia bellissima, emozionante, che tra le righe di un libro è capace di insegnare e far conoscere una parte di mondo lontana dal nostro, una condizione femminile da molto tempo discussa, che per l’etica e i costumi dell’Occidente è difficile da comprendere, perché da decenni la figura della donna ha assunto pari importanza a quello dell’uomo all’interno nella società nei nostri Paesi.
    Un racconto che denuncia la violenza contro le donne, la libertà di espressione e il diritto di uguaglianza tra i due sessi, che ancora oggi godono di due piani diversi all’interno della popolazione; una storia che recrimina la guerra, la difficile condizione di vita negli ultimi trent’anni in Afghanistan che demolisce ogni opportunità di istruzione e di sviluppo.
    Ancora oggi in Afghanistan, come in altri Paesi dell’Oriente, le donne sono ancora private dei loro diritti fondamentali, sono subdole della figura maschile e non sono autorizzate a lasciare la casa, a prendere decisioni se non accompagnate da un uomo, e talvolta vengono schiavizzate per lavori domestici; vengono picchiate, violentate e uccise.
    Mille splendidi soli è dunque un libro pieno di emozioni e sentimenti, di rabbia, vergogna, tristezza e consapevolezza di una condizione societaria molto arretrata e priva di dignità, decoro e pudore.
    Khaled Hosseini vuole quindi attraverso il suo romanzo dare una chiara conoscenza di un luogo lontano, a noi noto grazie ai mass media e ad esplosioni di bombe e guerre, un mondo in cui esistono città come Kabul dove <>, una metafora all’interno del libro che esprime il messaggio fondamentale del romanzo, se ben interpretato.

    VERGARI ALESSIO IV M

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Una storia bellissima, emozionante, è capace di insegnare e far conoscere una parte di mondo lontana dal nostro, una condizione femminile da molto tempo discussa, che per l’etica e i costumi dell’Occidente è difficile da comprendere, perché da decenni la figura della donna ha assunto pari importanza a quellA dell’uomo all’interno Della società nei nostri Paesi.

      oggi godono di due DIRITTI / OCCUPANO PIANI diversi all’interno della popolazione;

      sono subdole (??? SOTTOMESSE ALLA) della figura maschile

      Khaled Hosseini vuole quindi attraverso il suo romanzo dare una chiara conoscenza di un luogo lontano, a noi noto grazie ai mass media e ad esplosioni di bombe e guerre, un mondo in cui esistono città come Kabul dove , una metafora (QUAL'è LA METAFORA??? MI SEMBRA CHE IL MESSAGGIO SIA ESPLICITO E NON METAFORICO) all’interno del libro che esprime il messaggio fondamentale del romanzo, se ben interpretato.

      L'ANALISI è CORRETTA MA NON DICI IN COSA TI HA TOCCATO...CHE RAPPORTO HAI AVUTO CON IL TESTO...QUALI EMOZIONI TI HA SUSCITATO. SCOLASTICO.

      Elimina
  3. Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupèry - Kristian Galanti

    L’apparente semplicità del linguaggio e la modalità di narrazione fiabesca rendono il romanzo accessibile ad un pubblico molto vario che però deve dimostrare di saper carpire il vero senso della metafora proposta dall’autore. E’ per questo che ho deciso di rileggere un libro per ragazzi. La capacità di analisi di un libro dipende dal lettore stesso: a volte una semplice fiaba può rivelarsi effimera e vuota nel suo veritiero contenuto, ma a volte riesce a cambiare il modo di pensare e di vedere la realtà. Ecco cosa mi ha suscitato “Il piccolo principe”.

    La vicenda è molto semplice: un pilota è costretto ad un atterraggio di fortuna nel Sahara dove, l’immensità del silenzio e della desolazione che regnano sovrane vengono interrotte dalla puerile voce di un principino dai capelli color oro. Da qui la narrazione procede esponendo tutte le peripezie del principino che dal suo piccolo pianeta – l’asteroide B612 – è arrivato fino alla Terra, conoscendo bizzarri personaggi ma anche importanti amici.
    Quello che colpisce maggiormente il lettore è la forte critica alla modalità con cui la società educa i bambini. Si può vedere come l’autore critichi appunto l’intenzione degli adulti, che molte volte definisce “bizzarri” e “straordinari” (negativamente), di insegnare al bambino a “fare in piccolo” quello che l’adulto fa “ in grande”.
    “..questa volta mi risposero di lasciare da parte i boa, sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all’aritmetica ed alla grammatica. Fu così che a sei anni io rinunciai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore…”. Sembra quasi che l’autore si riconosca nel narratore del romanzo. Come se questo fosse avvenuto a lui.
    Si legge quindi una nota quasi pedagogico-moralistica in tutto ciò: questa critica all’adulto strumentalizzato dalla società sembra essere portavoce dell’ulteriore metafora del romanzo, che è il principe stesso. Il piccolo principe, in quanto personaggio, è metafora dell’infanzia nascosta e a tratti dimenticata degli adulti. L’insegnamento che ho fatto mio, dalla lettura di questo libro, è stato quello di saper vedere la realtà con occhi diversi: spesso la molteplicità degli impegni e l’avvento di quella che convenzionalmente viene chiamata “maturità” copre la puerile voce del nostro principino interiore che permetterebbe una visione più distesa e razionale della realtà.
    Funzionale è dunque in tal senso l’amicizia del piccolo principe con la volpe. Nel linguaggio più semplice possibile, fiabesco, in modo che tutti capiscano, l’autore sottolinea come, tramite il concetto di “addomesticare” (creare legami) si possa guadagnare il “colore del grano”: “…I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”. Il “colore del grano” è la nuova visione della realtà esposta in precedenza: questa visione fanciullesca della realtà è dunque ampliata e fortemente sostenuta dall’amicizia.
    Concludo dunque esponendo l’insegnamento completo: il percorso di maturazione che tanto cerchiamo e sul quale ponderiamo, non è altro che un percorso a ritroso verso il ritrovamento dell’innocenza dell’essere bambino. Solo in questo modo si può riuscire a vedere sotto un’altra prospettiva ciò che prima si vedeva in “maniera adulta”, quindi solo con gli occhi.
    “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.”

    RispondiElimina
    Risposte
    1. all’adulto strumentalizzato (STRUMENTO E STRUMENTALIZZATORE DELLA ) dalla società

      (CANCELLATA LA FRASE CON CONCLUDO...NON NECESSARIA, APPESANTISCE IL TESTO GIUSTAMENTE LEGGERO) Il percorso di maturazione che

      HAI CAPITO L'ESSENZA DEL COMPITO...ORA SFIDA LIBRI PIù CORPOSI,NEI QUALI IL PENSIERO VOLA MENO EVIDENTE SULLE ALI DELLA FANTASIA :)

      Elimina
    2. voli meno evidente...errata corrige

      Elimina
  4. “La passione secondo Thérèse”è uno dei romanzi più conosciuti dello scrittore francese Daniel Pennac; fu pubblicato per la prima volta nel 1999 e costituisce il quinto capitolo del ciclo dedicato alla famiglia Malaussène, detto anche serie di Belleville. Il libro tratta la storia di Thérèse Malaussène, una ragazza che si innamora di un consigliere referendario alla Corte dei Conti chiamato Marie-Colbert de Roberval. L’evento colpisce molto la famiglia Malaussène poiché Therese è sempre stata refrattaria ai sentimenti; ma in particolar modo, il più preoccupato risulta essere Benjamin, fratello maggiore e capofamiglia, perché i matrimoni avevano sempre recato guai alla famiglia Malaussène. Marie-Colbert, durante la storia, rivela alla famiglia della ragazza di essere deciso a vegliare sui destini della nazione, sfruttando la sua posizione e facendosi consigliare dalle predizioni di Thérèse. Intimamente invece, l'uomo è interessato soprattutto al talento da "capro espiatorio" di Benjamin ed alle capacità divinatorie di Thérèse, che vuole sfruttare per scopi strettamente personali. L'uomo però non sa che l'arte di Thérèse è destinata a scomparire proprio nel momento in cui la ragazza consumerà il suo primo rapporto carnale. Il matrimonio viene comunque celebrato ma termina dopo pochi giorni, quando Marie-Colbert si accorge di non poter più utilizzare le doti di Thérèse. Indignata, la ragazza ritorna in famiglia ma, poco dopo, la polizia si presenta a casa della ragazza dicendo che Marie-Colbert era stato assassinato. Cosi Thérèse, essendo la prima sospettata, nonostante i tentativi da parte della famiglia di salvarla, viene arrestata e portata in carcere. Scontata la sua pena, la ragazza fugge dalla sua famiglia piena di rabbia e si rifugia da Thèo, l'amico omosessuale; qui trova Théo a far l'amore con Hervé, i quali, alla fine, la consoleranno e faranno l'amore con lei, dando vita, nove mesi dopo, a Maracuja, il frutto della vera passione di Thérèse.
    “La Passione secondo Thérèse”, come già detto, è il quinto dei libri dedicati al ciclo di Belleville (luogo dove sono ambientati tutti i romanzi della saga di Daniel Pennac) e, per questo, presenta molte caratteristiche tipiche degli altri romanzi di questo autore: uno stile ironico, leggero e divertente, ricco di colpi di scena, ma non per questo privo di spunti per pensare. In particolare, ha un finale coinvolgente che, seppur con tutte le sue stravaganze del caso, riassume in sè la felicità della protagonista: l’arrivo della figlia Maracuja, nome che indica il frutto della passione.
    Ciò che a mio parere Pennac vuole far dedurre dal suo racconto e ciò che ho dedotto dalla capacità di unire aspetti frivoli e originali nella storia da parte dell'autore, è proprio la grande dinamicità del personaggio di Thérèse, dunque il suo sviluppo caratteriale all'interno della storia; infatti, nella conclusione, alla ragazza non interessa più trovare la vera identità del padre del suo bambino, ma ciò che considera veramente importante è il fatto che sia riuscita a diventare donna fino in fondo, a lasciare il suo passato da veggente vergine per una maturazione che la rende pronta alla maternità. Infine, importante secondo me, è anche notare la bravura di Pennac nell'introdurre, sempre con una sfumatura ironica, vari temi invece seri come le differenze fra diversi strati sociali, l'omosessualità, la politica, la cultura dei popoli immigrati in Francia, la prostituzione e altri ancora, che si legano bene all'interno della storia, fungendo da sfondo a tutte le vicende.

    Alessandro Pasqui.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciò che a mio parere Pennac vuole far dedurre dal suo racconto e ciò che ho dedotto dalla capacità di unire aspetti frivoli e originali nella storia da parte dell'autore, è proprio la grande dinamicità del personaggio di Thérèse, dunque il suo sviluppo caratteriale all'interno della storia; INUTILMENTE COMPLICATO, BASTAVA DIRE...DALLA LETTURA EMERGE SU TUTTO LA DINAMICITà DEL PERSONAGGIO DI THERESE

      ALLA FINE CITI UNA SERIE DI TEMI IMPORTANTI SU CUI NON TI SOFFERMI, AVRESTI DOVUTO SCEGLIERE DEI PASSI IN CUI L'IRONIA LA LEGGEREZZA DELLO SCRITTORE FOSSERO RIUSCITI A EMOZIONARTI RISPETTO AD UN TEMA IMPORTANTE!!! TROPPO RIASSUNTO POCO DEL TUO RAPPORTO CON IL TESTO

      Elimina
  5. ANDREA CARDARELLI
    “Due di due”
    Due di Due è un romanzo del 1989 di Andrea De Carlo. Questo libro ha come storia portante l’amicizia profonda tra Mario e Guido, che vivono in Italia, durante i complicati anni Settanta. In questo periodo iniziano a notarsi le contraddizioni interne alla società, aumenta la ricchezza ma, contemporaneamente, diventa più visibile il divario che c’è tra paesi sviluppati e sottosviluppati, così come si nota di più la stratificazione netta dei ruoli nella scala sociale, con tanto potere ai ricchi e poco ai poveri.
    Il malcontento cresce e si diffonde il disagio soprattutto tra i giovani che iniziano a ribellarsi non solo alla società, ma anche all'educazione dei genitori che cercano di imporre i propri valori e il proprio modo di pensare, come se fosse l’unico e non ci fossero alternative o possibilità di ragionare in maniera individuale.
    Come reazione a questo malessere i giovani protestano, manifestano, occupano le scuole, cercano in tutti i modi di contrapporsi a questa realtà moderna che vuole schiacciarli con i suoi schemi, limitando la libertà personale. E’ in questo scenario che si mostra, e si radica sempre di più, l’amicizia tra Mario e Guido, che nonostante siano due persone completamente diverse, riescono a trovare un’anima comune che li lega durante tutto il racconto.
    Guido è quello più ribelle, quello che appare più forte, il più carismatico dei due, tanto che Mario in alcuni momenti sembra addirittura essere la sua ombra, un po’ oscurato dal carattere definito e “rivoluzionario” dell’amico, ma con il tempo riuscirà a trovare la sua strada e la sua collocazione lontano dalla realtà che lo aveva visto per molti anni succube, quasi vittima del sistema.
    Quello che mi ha appassionato del romanzo, oltre alla vicenda in sé, ricca di avvenimenti storici di una certa rilevanza, è il legame “simbiotico” e lo scambio emozionale tra i due ragazzi, che sono una fonte inesauribile di riferimento e rinnovamento per l’altro. Quelle che sembrano essere due vite separate dalla distanza, dal modo di percepire e di reagire, hanno una fonte comune, un principio che li lega, lo stesso bivio di partenza. Inoltre attraverso le loro esperienze nel corso della vita, da lettore ho percepito il cambiamento che le loro personalità hanno subito, diventando molto più responsabili in varie circostanze.

    In conclusione, “Due di due” è un romanzo che ha segnato i giovani delle ultime generazioni e che fa comprendere l’importanza dell’amicizia, il valore della sincerità e come i rapporti lascino la loro impronta sulla nostra terra nonostante il tempo trascorra, le vite si separino ed i percorsi da seguire siano individuali: per questo lo consiglierei a chi come me, ha un interesse del futuro delle generazioni giovani di oggi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. a questa realtà (TOGLIERE MODERNA) che vuole schiacciarli con i suoi schemi, limitando la libertà personale

      riferimento e rinnovamento per l’altro. L'UNO PER L'ALTRO

      in varie circostanze...QUI UNA CITAZIONE PER APPROFONDIRE LA MESSA IN EVIDENZA DEL TUO RAPPORTO CON IL ROMANZO SAREBBE STATA PERFETTA

      ha segnato i giovani delle ultime generazioni...QUESTO LO PUò DIRE UN GIORNALISTA, TU DOVRESTI DIRE SE IL TESTO HA EMOZIONATO ANCHE TE E SOPRATTUTTO DOVE...INDICARE QUALI SCELTE STILISTICHE HANNO RESO QUELLO SPECIFICO CONTENUTO EMOZIONANTE!!!

      Elimina
  6. “Un magnifico libro che non è solo una testimonianza efficacissima , ma ha delle pagine di autentica potenza narativa” cit. Italo Calvino.
    Il libro preso in considerazione è” Se questo è un uomo” scritto da Primo Levi tra il 1945-47 e descrive in modo crudo ed esaustivo tutto ciò che avvenne nei campi di sterminio nazisti , soprattutto nel campo di Auschwitz .
    La pubblicazione del romanzo venne fatta in principio dalla casa editrice Francesco De Silva e in seguito venne pubblicato anche da Einaudi che inizialmente aveva rifiutato .
    Alcuni versi possono riassumere in modo dettagliato il significato che tale romanzo vuole esprimere:
    « Considerate se questo è un uomo
    Che lavora nel fango
    Che non conosce pace
    Che lotta per mezzo pane
    Che muore per un sì o per un no. »
    Queste parole sono molto significative e vanno a confermare l’affermazione di Calvino dimostrando la grande potenza narrativa che Levi ha messo nel suo romanzo e soprattutto la grande capacità di far emergere sentimenti di compassione al lettore.
    Infatti leggendo questo romanzo ho provato molta tristezza per tutte quelle persone a cui era stata privata la cosa più importante per un essere umano : la libertà; e inoltre erano state privati della loro umanità poiché tutti coloro che erano nei campi di concentramento venivano considerati soltanto dei numeri e non più persone .
    ( Adesso è il secondo atto , entrano con violenza quattro con rasoi , pennelli e tosatrici , hanno pantaloni e giacche a righe ,UN NUMERO CUCITO SUL PETTO…).
    Grazie a questo romanzo ho saputo rafforzare in me il concetto di egualianza dell’essere umano e accrescere la consapevolezza che non bisogna discriminare il prossimo partendo da concetti come : sesso , religione e credo politico.
    Pertanto l’essere umano deve evitare di cadere in tentazione pensando che il prossimo possa essere rappresentato come DIVERSO e così annientabile.
    Questo è un messaggio molto importante che deve suscitare una riflessione per l’uomo affinche' tali episodi razzisti non si verifichino più in quanto sono molto presenti nella società odierna.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. CHI SEI ????
      La pubblicazione del romanzo venne fatta in principio dalla casa editrice Francesco De Silva e in seguito venne pubblicato anche da Einaudi che inizialmente aveva rifiutato . AI FINI DEL LAVORO è INUTILE

      la grande potenza narrativa che Levi ha messo nel suo romanzo...NON PUOI USARE UN PEZZO DI POESIA PER SOTTOLINEARE LA POTENZA NARRATIVA DEL ROMANZO!

      tali episodi razzisti non si verifichino più in quanto sono molto presenti nella società odierna....L'OLOCAUSTO è PIù CHE UN EPISODIO...SI TRATTA DI UN PROGETTO POLITICO DI DISTRUZIONE DI MASSA DI UN POPOLO.

      PECCATO CHE IL COMMENTO SIA MOLTO POCO PERSONALE....UN TESTO COSì VIBRANTE AVREBBE MERITATO UN TENTATIVO MAGGIORE DI ENTRARCI IN RAPPORTO...PIù CITAZIONI E DI QUESTE UN'ANALISI PIù APPROFONDITA

      Elimina
  7. Andrea Renzetti
    RECENZIONE “AMICIZIA” di HERMAN HESSE (parte 1)
    “Amicizia” è un breve romanzo di Herman Hesse, considerato uno dei maggiori scrittori di lingua tedesca del XIX secolo. Il romanzo narra la storia di amicizia di due giovani Hans Calwer e Erwin Muhletal, nella Germania di fine 800’ inizi del 900’. I due amici appartenevano entrambi ad un’associazione studentesca, e trascorrevano le loro serate in grande allegria con i ragazzi dell’associazione nella taverna. I due erano da tempo grandi amici: Hans aveva più personalità, era più sicuro di se stesso e più risoluto nelle sue azioni mentre Erwin era più debole, subiva la personalità dell’amico, e si lasciava trascinare dalle sue decisioni. Egli, per questa motivazione, era spesso oggetto di derisione da parte degli altri ragazzi dell’associazione ma fino a quel momento non sembrava soffrire per questa mancanza di personalità. Un giorno Hans, decise che era il momento di lasciare al’associazione, luogo dove gli studenti trascorrevano con leggerezza e con euforia le loro ore, dove bevevano e si lasciavano andare nella superficialità e nella banalità delle discussioni da osteria. Egli non amava certamente queste banalità e mirava ad una vita più spiritualizzata e da intellettuale. Erwin non appoggiava invece la decisione del suo amico. Egli decise di rimanere nell’associazione non tanto perché amasse in particolar modo la vita della taverna ma perché era arrivato il momento per lui di dimostrare ai ragazzi dell’associazione che anche lui aveva una personalità e non era pienamente sottomesso alle decisioni dell’amico. L’orgoglio dei due amici ebbe la meglio e le loro strade si divisero, anche se non senza rimorsi. Hans si era dedicato pienamente agli studi, mentre Erwin cercava di piacere ai ragazzi dell’associazione che però rimanevano sempre diffidenti nei suoi confronti. Le cose erano prossime a peggiorare, infatti i rapporti di Erwin con i ragazzi dell’associazione si incrinarono a seguito di una discussione, ed egli iniziò a frequentare locali e persone poco raccomandabili “com’è abitudine degli studenti sfaccendati cui manca un vero lavoro e un’amicizia autentica”. Tra questi locali in particolare “Ussaro Blu”, dove egli conobbe e si invaghì della proprietaria Elvira, donna che usava gli uomini a suo piacimento e che lo faceva diventare matto. Erwin nonostante “non fosse mai ubriaco, ma mai totalmente lucido” aveva ormai capito che tutto ciò stava degenerando, e chiese il denaro necessario a ripagare i debiti che aveva contratto nel locale a suo cognato. Hans aveva invece conosciuto Wirth “un giovane dall’aspetto campagnolo che era stato più volte di fianco a lui”, e riconosceva in lui il nuovo amico: acuto, intelligente e impaziente di conoscere. Andò a vivere con lui nel piccolo paese di periferia, conducendo una vita di ascetismo ed astinenza che egli odiava e dalla quale era rimasto notevolmente deluso. I due ragazzi si incontrarono ancora una volta ma le loro strade erano destinate a dividersi nuovamente: Erwin salutò Ans e partì per Berlino dove la sua nuova ragazza lo stava aspettava .Il titolo del romanzo riprende l’opera filosofica di Cicerone “Laelius de amicizia”, ma sono molte le differenze formali,stilistiche e di contenuto che contraddistinguono le due opere; Cicerone utilizzava la forma del dialogo tra Gaio Lelio,Quinto Mucio Scevola e Gaio Fannio per inserire nelle loro parole in particolare in quelle di Gaio Lelio le sue considerazioni personali sul sentimento e sul legame dell’amicizia. Herman Hesse entra invece nel concreto narrando la storia di due ragazzi nell’ambiente studentesco della Germania di fine 800’.

    RispondiElimina
  8. (parte 2)
    In questo modo nella mente del lettore si articola una semplice storia di amicizia descritta nella forma del romanzo, e sta al lettore decodificare i messaggi che si celano sotto i comportamenti dei due ragazzi. Herman Hesse è il narratore esterno onnisciente che non si concede mai a considerazioni ne a riflessioni personali, ma narra con lucidità e imparzialità la storia dei due ragazzi . È una descrizione dell’amicizia nella maniera più concreta possibile, fatta di piccole incomprensioni, decisioni avventate,strattonate di orgoglio, e situazioni complicate. Vengono descritti sentimenti come l’orgoglio, la gelosia, l’amore ed l’odio che si provano verso l’amico che ti è stato sempre accanto, con la quale si vive in simbiosi ed è difficile, quasi impossibile, allontanarsi. L’amicizia è anche luogo di salvezza e di rifugio ma può provocare grandi delusioni e ripensamenti. La perdita di un amico proprio come la perdita amorosa può far cadere in grande depressione e può indurre l’uomo a commettere errori gravi.Il romanzo a linee più generali ripercorre il tema della vita stessa e delle strade da intraprendere per il raggiungimento della felicità. C’è chi come Hans trova la felicità nell’intellettualità e nella riflessione, chi come Wirth nell’ascetismo e nell’astinenza e chi come Erwin nell’amore. Il finale del libro personalmente mi ha deluso molto perché immaginavo che si potesse giungere ad una riconciliazione trai due amici, e che i due amici rimanessero legati per tutta la vita ricostruendo un’amicizia che sembrava ormai compromessa. A mio avviso costruirsi una sfera privata ed una propria indipendenza è doveroso e legittimo, anzi sarebbe sbagliato il contrario, ma questo non può far si che un’amicizia vera possa essere spezzata e possa giungere così al suo termine. C’è chi dice che “l’amicizia quella vera, non muore mai”, e che “Con i veri amici non bisogna controllare la scadenza perché non scadono mai”.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. OK AVRESTI DOVUTO INSERIRE QUALCHE BRANO PER SOTTOLINEARE PARTI EMOTIVAMENTE COINVOLGENTI....MAGARI NON TI DILUNGARE TROPPO SUL RIASSUNTO...QUELLO SI TROVA OVUNQUE...LE TUE IDEE E LE TUE EMOZIONI SUL TESTO PUOI SCRIVERLE SOLO TU!

      Elimina
  9. «Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono»
    Questa frase sintetizza il significato del libro Cecità scritto dal premio nobel portoghese Josè Saramago,pubblicato in Italia nel 1995.
    Il romanzo parla di uno strano tipo di cecità che ,contrariamente dalla solita cecità,fa vedere tutto bianco a chiunque ne sia affetto,ed è contagiosa,tanto che tutta la popolazione ne è affetta,tutta la popolazione eccetto la moglie di un medico,nonché protagonista della storia.
    Questa cecità,non è reale,ma metaforica:indica l'indifferenza verso tutto ciò che ci circonda e accade intorno a noi, poiché i protagonisti non sono veramente ciechi, sono ciechi che “pur vedendo non vedono”.
    Inoltre questo romanzo ci mostra l'egoismo della razza umana:tutti pensano al proprio benessere ignorando gli altri,sono “ciechi” rispetto a ciò che accade,anche davanti ai loro occhi,e tutto questo porta a sentire un profondo senso di tristezza,perché non esiste più solidarietà tra le persone,se non riusciamo a renderci conto di ciò che ci succede intorno, diventiamo animale,e ciò viene ben rappresentato all'interno del romanzo.
    Questa situazione di “cecità” è molto presente nel nostro periodo storico,tutti pensano a ciò che potrebbe far a loro comodo,anche se questo significa calpestare gli altri,e,purtroppo,questo modo di vivere è troppo vicino a noi,per questo il romanzo conferisce un senso di tristezza a chiunque lo legga,perché fa riflettere sulla propria società,e porta a pensare se potremmo “evolverci” sotto questo punto di vista o siamo costretti a “trasformarci” in bestie,ciò che accade nel romanzo.
    Valerio S.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. EHI...MA NON C'è STATO NEANCHE UN BRANO CHE TI ABBIA SCONVOLTO...TI ABBIA CHIUSO LO STOMACO LEGGENDOLO...IN QUESTO ROMANZO CI SONO PASSI CHE TOLGONO IL FIATO....DI QUESTO DEVI DARE RISCONTRO...IL COMMENTO GENERICO SULLE TEMATICHE SI PUò TROVARE OVUNQUE!!!

      Elimina
  10. la relazione su " se questo è un uomo" è di RICCARDO D'ARCH.

    RispondiElimina
  11. La Metamorfosi è il romanzo più noto dello scrittore ceco Frank Kafka, pubblicato per la prima volta nel 1915 in lingua Tedesca.
    Nel racconto viene narrata l'incredibile, nonché tragica, storia di Gregor Samsa, un commesso viaggiatore che una mattina si sveglia mutato in un orrido scarafaggio, in seguito ad una fantastica metamorfosi avvenuta nella notte.
    Dopo essersi reso conto del suo terribile aspetto decide di restare chiuso dentro la sua stanza, al fine di evitare ogni contatto umano, sopratutto con i genitori, ai quali non apre la porta nel momento in cui bussano.
    Tuttavia il suo tentativo di non mostrarsi in pubblico fallisce, quando si presenta a casa sua il suo datore di lavoro, infastidito dal fatto che non si è presentato al lavoro senza una giustificazione.
    Gregor a questo punto è costretto a spalancare la porta e alla sua vista tutti i presenti scappano via spaventati, solo il padre rimane lì per costringerlo a rientrare dentro la sua stanza dove lo rinchiude.
    Gregor rimasto prigioniero nella sua stanza cade in depressione, resosi ormai conto che tutti i suoi parenti e amici lo ripudiano ed evitano il contatto con lui, l'unica che cerca di instaurare un rapporto con Gregor è la sorella Grete, che gli porta da mangiare e gli sistema la stanza.
    Abbandonato anche dalla sorella che ormai ha trovato un nuovo impiego, Gregor cerca di uscire dalla stanza provocando l'ira del padre che gli lancia contro delle mele, ferendolo con una. Ferito gravemente e resosi conto di essere ormai diventato un peso economico per la famiglia, decide di rinchiudersi nuovamente nella sua stanza, dove passerà gli ultimi giorni della sua vita.
    Gregor, sempre più debole, dovuto alle mancate cure e del suo rifiuto di mangiare,si lascia morire.
    La mattina seguente il cadavere dell'insetto disteso al suolo viene gettato via nella spazzatura e il nome di Gregor dimenticato dalla famiglia, che con la sua morte riuscirà finalmente a risollevarsi economicamente e a ritornare a vivere una vita serena.
    Il libro, diviso in soli tre capitoli, risulta semplice e piacevole alla lettura, tuttavia nasconde, in modo allegorico, una critica alla nostra società, in cui il "diverso" viene emarginato e condannato.
    In questo frangente è l'insetto a simboleggiare il diverso, quindi Kafka vuole mostrarci in modo metaforico, come la società odierna vede qualcuno che ha caratteristiche differenti dalle proprie che possono essere di tipo razziale o religiose.
    Vengono inoltre trattati due temi importanti della letteratura dell'autore: il primo è il rapporto problematico padre-figlio, principalmente perché Gregor, tanto amato dal padre, si vede trasformato in un disgustoso insetto, che rovina la stabilità dell'intera famiglia. L'altro tema che ricorre spesso in tutte le opere di Kafka è il tema del surreale e del fantastico, dove un uomo senza motivo si vede trasformato in uno scarafaggio.
    Il libro mi ha fatto capire quanto la nostra società sia alienante e tende ad allontanare chi non si adatta ad essa o come cerchi di spersonalizzare un individuo al fine di renderlo più simile agli altri, mentre emargina chi non si lascia omologare a questi. In conclusione, consiglio a tutti questo libro, oltre al fatto che è breve e molto semplice da leggere, perchè nasconde un importante significato sul quale vale la pena farci una piccola riflessione.

    Valerio. B.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sempre più debole, dovuto alle mancate ...a causa della mancanza di cure

      che con la sua morte DOPO LA SUA MORTE

      in cui il "diverso" viene emarginato e condannato.
      In questo frangente è l'insetto a simboleggiare il diverso, quindi Kafka vuole mostrarci in modo metaforico, come la società odierna vede qualcuno che ha caratteristiche differenti dalle proprie che possono essere di tipo razziale o religiose.IN QUESTE DUE FRASI ESPRIMI UNO STESSO CONCETTO...AVRESTI DOVUTO UNIRLE IN UN UNICO PENSIERO

      della letteratura dell'autore.....POETICA DELL'AUTORE

      si vede trasformato in un disgustoso insetto, che rovina la stabilità dell'intera famiglia QUEL CHE A CHI SI RIFERISCE????? COSA CHE OPPURE DEVI STRUTTURARE LA FRASE IN MODO DIVERSO


      farci FARE

      CHE UN LIBRO SIA BREVE NON SIGNIFICA SIA SEMPLICE...ANZI...INOLTRE MANCA COMPLETAMENTE IN QUESTO LAVORO IL TUO RAPPORTO CON IL TESTO....LEGGENDO I VOSTRI LAVORI DOVREBBE EMERGERE LA VOSTRA VISIONE DEL ROMANZO, IL VOSTRO RAPPORTO CON ESSO...PERSONALE, INSERISCI BRANI CHE TI HANNO COLPITO...DOVE TI SEMBRA CHE EMERGA UN TEMA SIGNIFICATIVO...E COMMENTALO

      Elimina
  12. “Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina …” così comincia il romanzo della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto (1965), edito in Giappone nel 1988 e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1991, che si svolge in due capitoli : Kitchen e Moon light.
    Al contrario di quanto suggerisce il titolo non è un libro leggero e superficiale, bensì tratta temi importanti quali la tristezza, la solitudine giovanile, la perdita delle persone care (lutto), la famiglia e infine anche l’amore, temi apparentemente contrastanti, ma complici, che l’autrice sa legare in un'unica storia che risulta essere nel complesso gradevole e avvincente.
    La narrazione si svolge in Giappone e la protagonista è Mikage Sakurai, una giovane ragazza che per necessità ha imparato a crescere troppo in fretta.
    Rimasta orfana di entrambi i genitori da piccola è stata cresciuta dalla nonna, con la quale era solita fare lunghe chiacchierate in cucina davanti ad una tazza di tè bollente. Tutti i suoi equilibri vengono rotti quando la nonna viene a mancare e la ragazza piomba inesorabilmente nel baratro della disperazione, della tristezza e solitudine infinita. In questo momento si avvicina ad un ragazzo, Yuichi, più o meno suo coetaneo, frequentante la sua stessa università e conoscente della nonna che, non solo l’aiuterà ad organizzare il funerale, ma farà molto di più, le offrirà una casa e una famiglia: le chiede infatti di trasferirsi a casa sua dove vive con la madre Eriko (che a Mikage sembrò subito la mamma più bella del mondo), grazie ai quali riuscirà a ritrovare gli equilibri che aveva avuto in precedenza. Ma non senza sorprese, viene infatti a sapere che Eriko, madre di Yuichi, è in realtà Juji, il padre, divenuto donna in seguito di alla morte per cancro della vera madre del ragazzo. Dopo un primo momento di sgomento però la ragazza accetta serenamente la cosa e la convivenza continua priva di difficoltà.
    In questo punto del romanzo l’autrice riesce a toccare un altro tema fondamentale, quello del diverso! Un uomo che per mantenere vivo il ricordo della moglie e per far crescere il figlio con quella che è forse la figura più importante nella vita di qualunque essere vivente si sottopone a delle operazioni chirurgiche che gli permettono di cambiare sesso.
    Tra i due ragazzi nasce un’amicizia strana, accomunati dalla stessa sofferenza che quasi impedisce loro di comunicare, pur mantenendoli molto vicini: “Finalmente l'ho toccato, pensai. Dopo aver vissuto quasi un mese nella stessa casa, per la prima volta sono riuscita a toccarlo. Chissà che un giorno non finisca con l'innamorarmi di lui, pensai. Quando mi innamoravo, io partivo sempre con un grande slancio, ma sentii che avrei anche potuto innamorarmi a poco a poco, in conversazioni come quella, come quando le stelle appaiono da qualche spiraglio di un cielo coperto di nuvole”, sono questi i pensieri della protagonista la prima volta che comunica veramente con Yuichi.

    RispondiElimina
  13. Dopo circa sei mesi la ragazza torna nuovamente a vivere da sola, lasciando definitivamente l’università e dando sfogo alla sua più grande passione: quella per la cucina, diventando assistente di una professionista del settore.
    Una sera dopo non averlo sentito per molto tempo Mikage riceve una telefonata da Yuichi : Eriko era morta, accoltellata da un uomo nel suo locale. Alla protagonista crolla nuovamente il mondo addosso e , ad aggravare la situazione, si aggiunge una scenata di gelosia di una compagna d’università di Yuichi che la mete davanti ad un dubbio, le dice che se è innamorata di lui glielo deve dire e deve prendersi le responsabilità di ciò che una relazione di coppia comporta, cose che le vengono ripetute da Chica-Chan, collega di Eriko, prima di comunicarle che Yichi era partito per un viaggio, sicuramente diverso da quello, di lavoro,che avrebbe affrontato lei pochi giorni dopo; era partito per cercare una via da seguire, per trovare se stesso, per sfuggire alla crudele realtà.
    Mikage si precipita nel paese che ospita l’amico e, una volta li, trovo il coraggio di parlargli apertamente; anche Yuichi alla vista della ragazza realizza immediatamente di provare qualcosa di non indifferente per lei, un misto tra amore e amicizia, capiscono così devono farsi forza l’uno con l’altro e che l’unico modo per riuscire ad andare avanti è rimanere uniti, nonostante la forte voglia di fuggire.
    Come appare chiaro dalle prime pagine di questo coinvolgente nonché toccante romanzo anche la cucina ricopre un ruolo di primaria importanza: “Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene.”
    Oltre ad essere il filo conduttore d tutta la storia è anche un punto d’appoggio, la cosa che rassicura la protagonista:” Siamo rimaste solo io e la cucina. Mi sembra un po' meglio che pensare che sono rimasta proprio sola” , intesa non solo come luogo in cui rifugiarsi, luogo di guarigione interna, ma anche di evasione dal caos della vita reale, seguendo regole del tutto razionali e ordinarie come quelle per la preparazione di un dolce o di qualche altra prelibatezza.
    Questo rapporto con la cucina è molto importante per Mikage, un’ancora di salvezza.. “Penso che quando verrà il momento di morire, vorrei che fosse in cucina. Che io mi trovi da sola in un posto freddo, o al caldo insieme a qualcuno, mi piacerebbe poterlo affrontare senza paura. Magari fosse in cucina!”.

    RispondiElimina
  14. “Non avrei mai immaginato quanto un difetto del mio carattere - sono un po' approssimativa - sarebbe stato d'ostacolo all'esecuzione di piatti perfetti. Fui sorpresa nel constatarlo: cose che sembravano trascurabili come non aver aspettato che la temperatura arrivasse al grado giusto, cucinare una pietanza prima che il vapore si fosse consumato del tutto e così via, si ripercuotevano sul risultato finale. Il colore e l'aspetto dei miei piatti andavano forse bene per una cena preparata da una casalinga ma non corrispondevano a quelli delle fotografie a colori”; è una sorta di universo parallelo che,anche se può dare delle delusioni, non saranno mai come quelle che lei, volente o dolente, ha ormai imparato a sopportare, quelle della vita reale.
    In questo romanzo ci sono passaggi davvero toccanti in cui l’autrice riesce a descrivere in modo sorprendentemente accurato il dolore, il lamento del lutto provato dai personaggi arrivando quasi a farlo provare anche al lettore, attraverso una sintassi semplice e immediata, ma mai scontata, con frasi brevi e coincise, descrizioni di ambienti usati come emblemi distati d’animo, continui salti spazio-tempirali all’interno di una cornice sempre coerente.
    Il vero cuore del romanzo sono la comprensione, l’accettazione, l’amore, la perdita, cose strettamente legate nella storia come nella vita reale e che la scrittrice ci permette di leggere tra le righe di quelle frasi brevi, ma profonde; ci fa capire che il mondo è qualcosa da capire, che ci possono essere uomini migliori di molte donne in determinati ruoli, che non potremmo mai comprendere tutto ciò che gli altri fanno come loro non comprenderanno mai tutto ciò che facciamo noi, ma soprattutto ci fa capire che le cose finiscono, sia quelle belle che quelle brute, tutto passa, andare avanti è possibile ma non dobbiamo dimenticarci che tra tutte le cose che finiscono c’è anche la vita.
    Volendo riassumere questa storia un una frase alcuni direbbero: la storia d’amore tra due ragazzi accomunati da un destino simile; io direi più che altre: la storia di due giovani, soli, attraverso le strade della vita.
    Banana Yoshimoto non impone schemi di lettura, ci lascia liberi di arrivare a conclusioni, di capire cose che prima non comprendevamo, ci spinge a riflettere.
    Questo libro ci mostra che non importa da che paese si viene, l’età, il sesso, il dolore è dolore, e prima o poi tutti lo proveremo!
    Onestamente non è un libro che mi ha attratto troppo inizialmente, ma più andavo avanti e più mi piaceva, mi coinvolgeva, mi faceva pensare, l’ho molto apprezzato e ho riscontrato che anche per me la cucina è il luogo della casa in cui mi sento meglio, è la stanza dove la mia famiglia si riunisce a cena, dove anche se sola in casa, non avverto la solitudine. Mi ha offerto uno spunto di riflessione su temi che di solito io, come tanta altra gente come me fa, tende a ritenere tristi e per questo ad ignorarli, non pensandoci o dicendo: <>. Mi è molto piaciuto, e ciò, a dir la verità mi ha anche un po’ sorpreso (positivamente).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. nella vita reale (SENZA E) che la scrittrice

      ATTENTA AGLI ERRORI DI BATTITURA

      importa da che paese si VENGA, l’età, il sesso, il dolore APPARTERRANNO, PRIMA O POI, A TUTTI!

      BUON LAVORO....FORSE NELL'ULTIMO PERIODO C'è UN PO' TROPPO SPESSO L'USO DELLA PRIMA PERSONA....

      Elimina
  15. HERMAN HESSE- il lupo della steppa
    "Lei deve ridere e imparare a vivere. Deve imparare ad ascoltare questa maledetta musica alla radio della vita, deve rispettare lo spirito che vi si cela e ridere di questo strimpellio. Altro non è richiesto"
    In questo frammento è raccolta l'essenza del romanzo "il lupo della steppa" il cui protagonista, Haary Haller (come suggeriscono le iniziali, alterego dell'autore) è un borghese dissidente che spesso schernisce gli stereotipi sociali pur facendone parte. Haller è una voce fuori dal coro, stride con l'ambiente che lo circonda.
    In lui si avvicenda un profondo dissidio interiore, che vede contrapposti l'uomo, il divino, i cui pensieri non sono altri se non i nobili e il lupo, il diabolico, sprezzante della vanità e della superficialità del suo mondo. E' questo dissidio che lo porta ad isolarsi, a percorrere le sue vie solitare come un lupo della steppa. Sarà una donna, Erminia (guarda caso, il femminile di Herman), che lo seduce e lo conduce alla scoperta dei piaceri della vita, recuperando gli anni passati in solitudine. La giovane Maria, invece, avrà il ruolo di far scoprire ad Harry l'amore allegro e spensierato, non quello litigioso e tragico a cui era abituato.
    Al termine di uno sfrenato ballo in maschera, Harry viene introdotto dal sassofonista Pablo nel labirinto del suo Teatro Magico, il cui biglietto d'ingresso è il cervello. Harry, infatti, deve suicidarsi, ma stavolta non con il rasoio: Harry deve imparare a ridere, ridere della sua vecchia immagine uomo.lupo e dissolverla una volta per tutte.
    "Era senza oggetto, quel riso, era tutto luce, tutto luminosità, era quel che rimane quando un uomo vero è passato attraverso le pene, i vizi, gli orrori, le passioni e i malintesi degli uomini..."
    Era il riso con cui Goethe l'aveva indispettito in sogno, con cui Mozart lo condannerà ancora una volta ad essersi preso troppo sul serio.
    Ma più va avanti a scoprire gli altri, più gli altri entrano a far parte di lui, tanto che nulla gli è alieno: proverà persino eccitazione nell'uccidere, scoprendo che il suo odio della guerra ha origine dall'odio che egli stesso contiene.
    Così le regole sono svelate, egli possiede tutte le carte per giocare a vivere: e cosa può fare un giocatore che si ricordi cosa sta giocando? Solo ridere.

    Non posso fare a meno di accostare Harry a Petrarca: mi viene in mente il dissidio interiore che li accomuna. L'amore, seppur di minor presenza in Harry, fa parte di tutte quelle emozioni che devono essere rinnegate, l'uomo che combatte contro la propria bestialità, volendo vivere di sola arte e musica. Tuttavia, quello che Petrarca non aveva afferrato, e che Harry era riuscito a raggiungere con l'aiuto (paradossalmente, potrebbe dire Petrarca) di una donna, era che l'anima è un prisma dalle mille sfaccettature, ma i più credono di conscerne una soltanto. Per questo Harry è quasi un genio: ne ha viste ben due.
    Tuttavia l'intuizione di Harry, seppur formidabile, è ancora una piccola briciola della realtà. "Immaginate" commenta Hesse "un giardino con mille specie di fiori, mille varietà di frutta, cento specie di alberi: se il giardiniere conosce solo la distinzione tra mangereccio e zizzania, allora non saprà che farsene dei fiori più belli e abbatterà gli alberi più nobili"

    "Io non posso e non voglio prescrivere ai lettori come abbiano da intendere il mio racconto. Ne faccia ognuno ciò che risponde e serve al suo spirito!" (H. Hesse sul romanzo "il lupo della steppa")
    Giulia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In lui VIVE un profondo dissidio
      percorrere le sue(CANCELLARE SUE) vie solitare

      condannerà ancora una volta ad essersi preso troppo sul serio.
      O LO CONDANNERà PER ESSERSI...OPPURE LO CONDANNERà A PRENDERSI...

      avanti E SCOPRE

      OK

      Elimina
  16. Il Maestro e Margherita – Michail Bulgakov
    Il romanzo di Bulgakov è stato considerato, a buone ragioni, il più originale del Novecento per la critica satirica all’ignoranza delle censure sparse in tutti gli aspetti, pratici e intellettuali, della realtà contestuale all’autore. Egli infatti respira a fatica l’atmosfera sovietica russa tra la fine e metà del ventesimo secolo, e per questo completa questa brillante opera dalle infinite chiavi di lettura. Il titolo del romanzo dimostra come l’autore voglia puntare l’attenzione sulle due figure del Maestro e di Margherita che però in realtà compaiono soltanto a partire dalla seconda metà del libro. Il Maestro è uno scrittore, autore di un libro che narra la storia di Gesù dal punto di vista del procuratore che lo condannò, Ponzio Pilato. Quest’opera è ostacolata nella pubblicazione dalla commissione che doveva leggerlo e interessarsene e per questo il Maestro cerca di disfarsi del manoscritto che poi in realtà risbucherà fuori come per incanto. In difesa di questo triste e sfortunato scrittore si schiera Satana. Si, Satana in persona. Con l’aiuto di alcuni suoi collaboratori (simpatici diavoletti personificati e pieni di energia), la personalità di spicco nuova di Mosca, riempie di guai tutti i membri dell’elite di poeti e scrittori incapaci e smorfiosi. Nella figura del Maestro si può identificare Bulgakov stesso che aveva dovuto subire una censura del romanzo prima di poterlo pubblicare, posteriormente alla sua morte. Affiancate alla critica sociale l’irrazionalità, la simpatia e l’imprevedibilità dell’autore russo fanno dell’opera un vero e proprio spasso. Capita effettivamente poche volte di ritrovarsi a ridere di cuore davanti alle pagine di un libro. Questo è uno di quei casi. Se fossi stata una bambina non credo avrei riso così tanto. Voglio dire, da infanti si è abituati a vivere nell’irrealtà, nella tranquilla e serena irrazionalità; mentre una volta cresciuti la stragrande maggioranza dei tentativi di riassaporarne l’essenza falliscono miseramente. Il romanzo è quindi un continuo stupore, un esercizio all’apertura mentale, una passeggiata nel bosco della strega cattiva. E’ ma tanto non esiste è tutto finto, ma poi quando iniziavi a sentire gli ululati nel buio, tra gli alberi, tremavi di paura. E in fondo ci hai creduto per un bel pezzo alle fate. Quindi, cosa mi dà la razionale e lucida certezza della non-esistenza di Satana? In queste quattrocento pagine sono libera di crederci, perché non è un’opzione, esiste e basta. Ma questo non distrae minimamente dall’atmosfera arrabbiata e frustrata dell’editoria russa, ovviamente in riferimento alla situazione del Maestro. Questo clima chiama in causa una piaga dell’umanità che sempre ha afflitto i liberi pensatori: la mancanza di libertà di opinione. E’ paradossale la coscienza che più si modernizzano i tempi, ed è chiarito dalle alte sfere che ognuno è libero di pensare e scrivere ciò che vuole, più si resta intrappolati in mafie e minacce alla libera informazione. Fondamentalmente è questo il problema: nessuno sa mai nulla per davvero. E’ come se fossimo chiusi in una stanza, ci liberassimo, e scoprissimo di essere soltanto in una stanza più grande che la circonda, e così per quella successiva e quella dopo ancora. Come ci si libera? Dando fuoco al palazzo. Ma ‘i manoscritti non bruciano’.

    Marta :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E’, ma tanto non esiste: è tutto finto. Quando iniziavi a sentire gli ululati nel buio, tra gli alberi, tremavi di paura. ATTENTA ALLA PUNTEGGIATURA

      MOLTO BELLO BARVA

      Elimina
  17. “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach

    “Il gabbiano Jonathan Livingston”, pubblicato nel 1970 dalla casa editrice Bur, è un breve romanzo di Richard Bach. Nonostante la sua lunghezza limitata è considerato uno dei romanzi più profondi e intensi del secolo, infatti l’autore riesce a toccare l’animo del lettore trasportandolo attraverso l’arduo percorso conoscitivo della vita del gabbiano Jonathan. Questo infatti, criticato dalla famiglia e dagli amici, fu esiliato dallo stormo, dal quale era visto come un traditore a causa della sua incessante ricerca della perfezione e del suo credere profondamente che, oltre che del cibo un gabbiano vive, come scrive l’autore: “della luce e del calore del sole, vive del soffio del vento, delle onde spumeggianti del mare e della freschezza dell’ aria.”
    Già, Jonathan non si accontentava di volare per mangiare, lui voleva volare per sentirsi libero, vivo.
    Nel romanzo l’autore racconta poi i vari incontri che inevitabilmente influirono sulla crescita di quel giovane gabbiano anticonformista che, aiutato dal saggio Chang e dal maestro Sullivar, riuscì a diventare un gabbiano maturo, consapevole ed orgoglioso delle proprie idee e delle proprie scelte, non sempre condivise ma pur sempre rispettabili: “Ed egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano.”
    E sarà proprio grazie al saggio Chang che Jonathan riuscì ad abbattere le barriere dello spazio e del tempo, raggiungendo una dimensione simile al paradiso che come dice Chang: “…non è mica un luogo. Il paradiso è essere perfetti. Tu sei uno che vola velocissimo vero? Raggiungerai il paradiso, allora, quando avrai raggiunto la velocità perfetta. Il che non significa mille miglia all’ora, né un miglione di miglia all’ora, e neanche vuol dire volare alla velocità della luce. Perché qualsiasi numero, vedi, è un limite, mentre la perfezione non ha limiti. Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, esser là.”
    Dunque Richard Bach vuole far riflettere il lettore, vuole smuovere la sua coscienza, e ci riesce. È impressionante infatti la facilità con la quale ci si immedesima fin dalle prime righe in quel gabbiano pieno di speranze e di sfide, di sogni e di obbiettivi, di miraggi e di voglia di libertà.
    Ed è poi leggendo la riflessione su cosa veramente è un gabbianoche ci si rende conto di cosa siamo noi, della nostra fragilità ma anche delle nostre possibilità…”Un gabbiano..è un’ infinita idea di libertà, senza limite alcuno, e il vostro corpo, da una punta dell’ala a quell’altra, altro non è che un grumo di pensiero.”
    Il messaggio dell’autore sembra allora più chiaro, bisogna vivere, rischiare, non fermarsi ai primi ostacoli, ai primi no, ma continuare sempre e comunque a sostenere il proprio sogno, il proprio ideale, i propri valori…perché la vita è questo: altrimenti sarebbe sopravvivere, proprio come lo stormo dal quale viene cacciato Jonathan, li si vola per mangiare non per la voglia di farlo.
    Concludo infine servendomi delle parole di Richard Bach: “Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.”

    Sara Giancola.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. pubblicato nel 1970 dalla casa editrice Bur...NO è L'EDITORE DELLA TUA EDIZIONE...NON METTERE MAI L'EDITORE, SE NON IN CASI ECCEZIONALI, QUANDO L'EDITORE ABBIA UN RUOLO PARTICOLARMENTE IMPORTANTE NELLA VICENDA DEL LIBRO

      profondamente che,IL GABBIANO NON VIVA SOLO DEL CIBO MA....

      leggendo la riflessione su cosa veramente è un gabbiano, ci si rende conto di cosa siamo noi...

      OK

      Elimina
  18. Riccardo D'angelo. Parte 1
    Paulo Coelho, nel suo romanzo “l'alchimista”, narra la storia di un giovane pastore andaluso, il quale, alla ricerca di un tesoro sognato, intraprende un viaggio avventuroso e allo stesso tempo simbolico. Sarà proprio attraverso questa esperienza che il protagonista salirà i gradini della scala sapienziale, conoscendo l'anima del mondo e il linguaggio universale.


    Già nelle prime pagine il lettore è fortemente colpito da un sogno che piu' volte si ripete nella mente del protagonista: procedendo nella lettura, infatti, la storia diventa sempre piu' misteriosa ed affascinante perché, se da un parte il pastore continua la sua normale vita, dall'altra è intenzionato a comprendere i segreti di tale sogno. “Ho sognato di trovarmi in un pascolo con le mie pecore, ed ecco che appariva un bambino che cominciava a giocare con gli animali. Non mi piace che tocchino le mie pecore, loro hanno sempre paura degli estranei. Ma i bambini riescono sempre a toccare gli animali senza farli spaventare. Per un po' il bambino continuava a giocare con le pecore, poi all'improvviso mi prendeva per la mano e mi conduceva fino alle piramidi d'Egitto. E in quel luogo mi diceva: se verrai fin qui, troverai un tesoro nascosto”. In questo modo il protagonista racconta ad una zingara la propria visione, che gli ordina di giungere fino alle piramidi per trovare il suo tesoro. E' normale immaginare, pero', come il ragazzo resti deluso da tale notizia, decidendo quindi di non credere piu' al proprio misterioso sogno. Sarà proprio questo il motivo che porterà il lettore a immaginare che nel proseguimento della storia esso perderà la sua importanza: potrebbe essere, infatti, uno dei tanti sogni che il nostro cervello vive durante il sonno. Ma, contrariamente alle aspettative del lettore, è proprio in questa occasione che vi e' uno dei tanti colpi di scena: impressionante è, infatti, l'entrata in scena di un personaggio, un re. Quest'ultimo fa capire al ragazzo che quel sogno racchiude un tesoro inestimabile, in quanto testimonia la sua “ leggenda personale”, e che, cercando di non attribuirgli importanza, il giovane “non vivrà al pieno la sua vita”. Ed è proprio grazie a quest'uomo e ai suoi discorsi che il lettore si emoziona incredibilmente, per poi immedesimarsi nel pastore stesso: “chiunque tu sia o qualunque cosa tu faccia, quando desideri una cosa con volontà, è perchè questo desiderio è nato nell'anima dell'Universo. Quella cosa rappresenta la tua missione sulla Terra” e niente e nessuno puo' impedire di portare a termine i tuoi sogni.

    RispondiElimina
  19. Parte 2
    Anche il lettore, ormai divenuto parte della storia, si capacita di quanto la scelta destinata al protagonista non si riveli semplice: continuare a vivere la propria vita di tutti i giorni oppure sperare di trovare un tesoro lontano. Ma ormai si sente legato alla sua vita da pastore: “conosceva una per una le pecore: sapeva quale mancava, quale avrebbe partorito da li a due mesi, e quali erano piu' pigre”.

    Il cambiamento è uno dei peggiori nemici dell'uomo, è ciò che ci spinge ad essere statici, facendoci pensare di perdere ciò che possediamo senza pensare a ciò che potremmo raggiungere. “Nessuno ha paura dell'ignoto. Abbiamo paura di perdere soltanto ciò che possediamo, sia esso la nostra vita o i nostri poderi.” Ma la scelta, pur essendo dolorosa, alla fine è presa: “Ho lasciato mio padre, mia madre e il castello della mia città. Loro ci hanno fatto l'abitudine e mi sono abituato anch'io. Anche le pecore si abitueranno alla mia mancanza.” Ed è in questa scena che il lettore maggiormente si emoziona, pronto a vivere questo viaggio attraverso le azioni e i pensieri del protagonista, ponendosi come filtro tra lui e la realtà che lo circonda; ma allo stesso tempo rimpiange il passato del giovane, che dovrà abbandonare la propria vita e tutto ciò a cui era saldamente legato.

    Interessante è anche la parte del viaggio, che non si rivela semplice ma ricco di imprevisti: il protagonista viene infatti rapinato e costretto a lavorare ininterrottamente per un anno. È proprio in questa occasione che cominciano chiaramente ad emergere i primi dubbi e i primi rimorsi della tormentata scelta compiuta tempo addietro: “si trovava ad appena due ore di nave dalle pianure dell'Andalusia, ma c'era un deserto intero fra lui e le piramidi”. Queste scene colpiscono in modo fantastico e suggestivo il lettore, che attraverso la lettura sembra quasi incoraggiare il pastore a proseguire il suo viaggio. “ Così, ormai intrappolato nel destino della sua stessa decisione, il ragazzo si rende conto che la stessa situazione può essere considerata e valutata in un modo migliore: “in realtà era due ore piu' vicino al suo tesoro, ed era proprio il deserto a nasconderlo.”

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ormai divenuto parte della storia, si capacita di quanto la scelta destinata al protagonista non si riveli semplice: PERCHè è DIVENUTO PARTE...CON QUALI STRUMENTI L'AUTORE LO HA RESO POSSIBILE

      Elimina
    2. LA PAURA DEL cambiamento è uno dei peggiori nemici dell'uomo, è ciò che ci spinge ad essere statici, facendoci pensare di perdere ciò che possediamo senza pensare a ciò che potremmo raggiungere.

      come filtro tra lui e la realtà che lo circonda, .MA ALLO STESSO TEMPO SI SENTE PRESO DA UNA CERTA NOSTALGIA PER LA VITA PRECEDENTE DEL GIOVANE CHE FORSE è ANCHE NOSTALGIA PER CIò CHE SI PERDE CON I CAMBIAMENTI

      Elimina
  20. parte 3
    Anche il paesaggio in cui si svolge la narrazione, il deserto, ricopre un ruolo rilevante. Quest'ultimo è infatti testimone delle riflessioni del ragazzo e suscita in lui molti pensieri. Il silenzio infatti, si rivela straziante per gli uomini, coi loro pensieri, i loro tormenti. Essi cercano attraverso le distrazioni, di scappare dal silenzio. È proprio lui a mettere in luce tutte le fragilità dell'esistenza umana, a rivelare i segreti dell'uomo, a metterlo faccia a faccia con i suoi timori più grandi e ricordi più lontani. Il protagonista della storia pero', desideroso di proseguire il suo viaggio, non da troppa importanza a questi pensieri, continuando a sperare nel ritrovamento di questo tesoro.

    Il percorso però sembra infinito nel continuo scorrere degli avvenimenti, il pastore ha superato ostacoli, conosciuto molta gente, si è addirittura innamorato, ha superato oasi nel deserto, e ora, grazie all'aiuto di un alchimista, riesce nel proprio intento e arriva li', al suo traguardo: le tanto attese piramidi. “Quando, alcuni minuti dopo, giunse sulla sommità della duna, il suo cuore ebbe un sussulto: illuminate dal chiarore della luna piena e dal candore del deserto, si ergevano maestose e solenni le Piramidi d'Egitto.” Ed e' proprio in questo instante che l'animo del lettore e' attraversato da un brivido, che si manifesta in tutta la sua intensità al pensiero di tutte le difficoltà che il pastore ha dovuto affrontare pur di scoprire il suo tesoro e portare a termine la propria “leggenda personale”.

    Il messaggio che traspare da questo romanzo e' che, se abbiamo un sogno, dobbiamo dare tutto di noi stessi affinché si realizzi, abbandonare il passato, concentrarci sul futuro, vivere il rischio, l'ignoto, provare le brezza di raggiungere una realtà che fino a poco tempo prima albergava solo nei nostri sogni più intimi. Senza avere paura. Troveremo degli ostacoli sul nostro percorso, fa parte della vita, ma riusciremo a superarli solo attraverso la forza di volontà, l'amore e la tenacia. E la cosa più importante è la nostra convinzione di non dover perdere la speranza, grazie a cui, prima o poi, riusciremo ad ottenere il nostro obiettivo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. il deserto, ricopre un ruolo rilevante. Quest'ultimo è infatti testimone delle riflessioni del ragazzo e suscita in lui molti pensieri. Il silenzio infatti,....MA IL DESERTO DOV'è...IL DESERTO è IL SILENZIO...IN CHE MODO SONO LEGATI?

      , se abbiamo un sogno, dobbiamo ...PERCHè PASSI AD USARE LA I PERSONA PLURALE..STONA RISPETTO AL RESTO
      LE CONCLUSIONI TOCCANO MOLTI TEMI MA LO STILE NON RIESCE A SOSTENERE TALE VASTITà, COMUNQUE OK

      Elimina
    2. le notazioni che hai scritto alla fine avresti dovuto inserirle con maggior forza nel corso del testo, quando hai indicati i passi salienti. Inoltre non devi usare la I persona dopo aver usato la III per tutto il testo.

      Elimina
  21. Prof, sono Camilla. Anche questa volta non mi pubblica il tema. Lo puo' scaricare da qui:

    https://hotfile.com/dl/188336784/5a92341/olocausto.odt.html

    RispondiElimina
  22. Il vecchio e il mare

    Nell’ultimo mese appena conclusosi mi sono dedicata alla lettura di quello che i più definiscono come il grande capolavoro di Hemingway.
    L’ho letto tutto d’un fiato: un susseguirsi di minuscole pagine ingiallite su cui sono impresse le più grandi tematiche affrontate dallo scrittore americano nel corso della sua produzione letteraria.
    Tale approccio non mi ha danneggiato nella comprensione del romanzo, anzi ne ha rinvigorito il potenziale. Mi sono immersa in questo testo, dal linguaggio semplice di un apparente laconico Hemingway.
    Infatti, al di là dell’importante tematica affrontata, la trama è breve e lineare, così come il lessico utilizzato, quasi elementare: tutto ciò permette a lettori scrupolosi di seguire con facilità la narrazione intrappolati dalla trama.
    Per la maggior parte il libro si compone di intensi monologhi interiori, minuziose sequenze descrittive e dialoghi pieni di pathos.
    “L'uomo non trionfa mai del tutto, ma anche quando la sconfitta è totale quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta”.
    È la lotta infinita che contraddistingue ogni essere umano nei diversi contesti della vita: la lotta fisica, ma soprattutto morale contro un destino incerto che dal giorno dei giorni ci proponiamo di
    La voglia di non mollare e la speranza di un futuro migliore, la stessa condizione di mancanza e necessità che mobilita il vecchio a non arrendersi perché questa non è una semplice sfida, ma la battaglia di una/della vita.
    Gli inglese dicono “don’t give up” in americano non saprei, ma so di certo che questo è uno dei tanti messaggi che Hemingway alla fine della sua carriera letteraria e della sua vita si apprestava a trasmettere.
    Hemingway attraverso le parole dei suoi personaggi fa rivivere i suoi ideali, esprime i valori che dovrebbero essere cardine di tutti gli uomini: designa un modello di uomo forte, coraggioso e nobile d’animo.
    Per lo scrittore non si tratta di creare modelli, tanto meno di scrivere simboli o utilizzare un linguaggio da leggere in chiave allegorica quanto piuttosto emanare, come solo una vera opera d’arte sa fare, simboli ed allegorie.
    Ciò, e solo ciò, eleva un comune libro a capolavoro. Ciò e solo ciò, distingue un’opera d’arte da una qualunque produzione artistica.
    Tale romanzo non è il frutto di notti passate a scrivere seduto su di una comoda poltrona, appoggiati su di un’ampia scrivania di mogano: ma vi si ritrovano in piccole dosi tutti i vent’anni che Hemingway trascorse a Cuba. Questi non traspaiono tanto dalla descrizione del paesaggio quanto da una sorta di patto che sembra legare il protagonista, il pescatore Santiago, con la natura.
    Non unicamente l’Avana, ma ancora di più la natura in genere: la forza motrice di ogni evento che domina indistintamente i destini umani e contro la quale sembra impossibile opporsi.
    Il libro si conclude con una parziale vittoria del pescatore: ritorna sfinito all’Avana con la sua tanto agognata preda (trattasi di un Marlin, un pesce spada), quasi totalmente divorata dai diversi squali incontrati sul tragitto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per lo scrittore non si tratta di creare modelli, tanto meno di scrivere simboli o utilizzare un linguaggio da leggere in chiave allegorica quanto piuttosto emanare, come solo una vera opera d’arte sa fare, simboli ed allegorie. (????) CREARE UN MONDO DAL VALORE UNIVERSALE.
      Ciò, e solo ciò, eleva un comune libro a capolavoro. Ciò e solo ciò, distingue un’opera d’arte da una qualunque produzione artistica.

      Elimina
  23. Ma ciò che conta è che ce l’ha fatta contando unicamente sulle proprie forze, neanche più su quelle del giovane compagno di pesca Manolo.
    Gli sembrava incredibile: egli, contro ogni pronostico e malaugurio dei suoi colleghi, era riuscito a ripescare dopo ben 84 giorni, incarnando con le sue eroiche gesta tutta la nobiltà ed il coraggio umano.
    Hemingway amava i racconti di strada della gente di Cuba ed in particolare quelli dei pescatori.
    La stima incondizionata che nutriva nei loro confronti, emerge da queste pagine in un tripudio di insegnamenti in cui ho riconosciuto il fine pedagogico di questo libro.
    Così si dispiega l’intento propedeutico che emerge costantemente in tutto il libro: dalle parole di Santiago, la lunga serie di esortazioni, consigli che rivolge al suo caro Manolo al quale vuole insegnare l’arte del pescare ma, ancora prima, quella di vivere.
    Le lunghe riflessioni, lunghe in rapporto alla durata del romanzo, che si susseguono tra i due, sono chiarificatrici: come quando si ritrovano ad argomentare circa la differenza di ore di sonno tra adulti e bambini. Sembra banale come tematica, ma è propria dell’interrelazione tra i due, fatta di affetto reciproco ed analisi reciproca. È come se si mettessero sotto una lente e ci regalassero un estratto del loro modo di essere uomini.
    Nel descrivere il pescatore Hemingway ne denota i tanti stati d’animo, le ansie dell’uomo, come l’incapacità di Santiago nell’autogestirsi di fronte ai crampi, dolori lancinanti che lo mettevano più di qualsiasi altra cosa in difficoltà.
    Uno degli elementi più interessanti è la capacità di analisi del vecchio; egli si rende conto delle enormi possibilità del mondo animale e, nel suo caso, dei pesci con i quali si rapporta quotidianamente: “Devo impedirgli di rendersi conto della sua forza e di quello che potrebbe fare fuggendo...Ma grazie a Dio non sono intelligenti come noi che li uccidiamo; anche se sono più nobili e capaci”
    Santiago continua “Vorrei essere il pesce, pensò, con tutto quello che ha da contrapporre alla mia volontà e alla mia intelligenza, che sono l’unica cosa che ho io”: come se realmente l’essere umano non fosse mai stato tanto superiore agli altri animali.
    Si arriva ad un punto della narrazione in cui sembra proprio che il pescatore si identifichi con la natura stessa perché sa, oltre che osservarla, comprenderla: vi si proietta e non ne rimane in disparte, è emotivamente coinvolto.
    Non è un libro di frasi ad effetto e giochi di parole, piuttosto un manuale di vita: così come la nostra esistenza è breve ed intenso ed ogni pagina, nella sua essenzialità, rispecchia il migliore dei modi in cui sarebbe potuta essere stata scritta.


    Maaaartina! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Così si dispiega l’intento propedeutico (???? ATTENTA OGNI TANTO NELL DESIDERIO DI USARE PAROLE PREGNE DI SIGNIFICATI...FAI QUALCHE ERRORE!!!9 che emerge costantemente in tutto il libro: dalle parole di Santiago, la lunga serie di esortazioni, consigli che rivolge al suo caro Manolo al quale vuole insegnare l’arte del pescare ma, ancora prima, quella di vivere.

      Elimina
  24. Se questo è un uomo - Primo Levi

    “Se questo è un uomo” è un romanzo testimonianza scritto da Primo Levi tra il 1945 e il 1947. L’autore descrive quanto vissuto in prima persona nel campo di concentramento di Auschwitz,il lager nazista più tristemente famoso.
    In questo diario delle sue terribili esperienze, Levi ci descrive con grande forza espressiva il dramma di migliaia di persone, costrette dalla follia e dalla perversione naziste, a subire le più disumane atrocità.
    Il modo con cui l’autore descrive la condizione bestiale di questi uomini, che nonostante l'annientamento sia morale che fisico non cessano di lottare senza tregua contro ogni avversità, è a mio avviso come una sorta di esaltazione della figura umana che anche nelle situazioni più estreme conserva sempre la speranza.
    La speranza è appunto, a mio giudizio, l’elemento principale che caratterizza questa umanità tristemente soggiogata, nella rappresentazione che ce ne fa Levi nel suo libro.
    Al di là di queste considerazioni va detto, comunque, che l'obiettivo principale, che l'autore si è posto, non è tanto quello di condannare, mediante questo romanzo, un determinato tipo di regime politico, quanto quello di invitare tutti gli uomini a riflettere, attraverso questa condanna, sulla guerra e su qualsiasi altra cosa collegata ad essa.

    E' un invito questo che il poeta ci rivolge esplicitamente nella poesia "Se questo è un uomo", che fa da prologo al libro:
    “Voi che vivete sicuri
    nelle vostre tiepide case,
    voi che trovate tornando a sera
    il cibo caldo e visi amici:
    Considerate se questo è un uomo
    che lavora nel fango
    che non conosce pace
    che lotta per mezzo pane
    che muore per un si o per un no.
    Considerate se questa è una donna,
    senza capelli e senza nome
    senza più forza di ricordare
    vuoti gli occhi e freddo il grembo
    come una rana d'inverno.
    Meditate che questo è stato:
    vi comando queste parole.
    Scolpitele nel vostro cuore
    stando in casa andando per via,
    coricandovi, alzandovi.
    Ripetetele ai vostri figli.
    O vi si sfaccia la casa,
    la malattia vi impedisca,
    i vostri nati torcano il viso da voi”.

    E' una poesia densa di accenti drammatici e che mi ha toccato profondamente; da essa non traspare alcuna forma d'odio, come del resto da tutto il libro, molto misurato nei toni, ma ha il compito di non far dimenticare ciò che è stato per poter trarne degli insegnamenti utili ad evitare che simili tragedie non si ripetano.
    Per quanto concerne la trama e i personaggi va detto che essi sono volutamente non ben definiti poiché il ruolo che essi svolgono è secondario,infatti il vero protagonista di questa testimonianza narrativa è un'intera umanità colpita dalla pazzia di pochi. Lo stile di cui l'autore si avvale è semplice ma nello stesso tempo incisivo e vivace,infatti rende la lettura del libro molto interessante risultando essere assai coinvolgente.

    Alessio P. IV M

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nella rappresentazione di Levi La speranza è appunto, a mio giudizio, l’elemento principale che caratterizza questa umanità tristemente soggiogata,

      sulla guerra e su qualsiasi altra cosa collegata ad essa.DA ESPLICITARE MEGLIO COSA SIA QUALSIANI ALTRA COSA...FORSE IL TEMA è IL RISPETTO CHE TUTTI DOBBIAMO AL PROSSIMO E IL CONSIDERARE LA DIGNITà UMANA INALIENABILE

      ha il compito di PERPETUARE LA MEMORIA DI ciò che è stato per poter trarRe degli insegnamenti utili ad evitare che simili tragedie non si ripetano.

      Lo stile di cui l'autore si avvale è semplice ma nello stesso tempo incisivo e vivace,infatti rende la lettura del libro molto interessante risultando essere assai coinvolgente....QUALCHE ESEMPIO DI QUESTA INCISIVITà?.....DI TUTTO IL ROMANZO RIPORTI SOLO LA POESIA INTRODUTTIVA...POCO PER SPIEGARE COME QUANDO E PERCHè QUESTO SCRITTO TI HA COLPITO

      Elimina
  25. "La fattoria degli animali" -George Orwell.

    "La fattoria degli animali" è uno dei romanzi più significativi del 1900.
    Pubblicato nel 1945 al termine del conflitto mondiale.il romanzo è una vera e propria allegoria del totalitarismo sovietico,ma più genericamente si puó considerare un'allegoria di tutte le rivoluzioni che,divenendo regimi,vedono traditi i propri ideali in qualche modo.
    La critica viene rivolta anche al comunismo stesso,poichè,secondo Orwell,è utopismo credere che nessun uomo voglia avere più potere di un'altro.
    Il racconto è ambientato in una fattoria nella contrada di willingdon,dove gli animali vengono maltrattati dal proprietario Jones,contro il quale decidono di ribellarsi.
    Il fautore spirituale della rivoluzione è il "vecchio maggiore",il più saggio tra gli animali che risulta essere l'incarnazione allegorica degli ideali di C. Marx;questo vecchio verro predica un sogno dove tutti gli animali possono vivere nella totale libertà e tranquillità,esortando gli animali a ribellarsi al padrone per ottenere tutto ció.
    In seguito ad una serie di vicissitudini gli animali,spinti all'esasperazione,insorgono,prendendo il pieno possesso della fattoria.
    Tra i rivoluzionari si erano distinti due animali su tutti,i due maiali Napoleon e Palladineve,che con il tempo andranno a formare una sorta di regime dittatoriale,che vedrà il primo(allegoria di Stalin) prendere potere sul secondo. " Le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo e viceversa,ma già era impossibile loro distinguere fra i due ".
    Questo concetto viene rafforzato dall'autore sul finire del romanzo,quando Napoleon si permette di unificare tutti i comandamenti in uno solo,proclamato dittatorialmente da lui stesso " tutti gli animali sono uguali,ma alcuni animali sono più uguali degli altri " ,andando palesemente a tradire gli ideali che avevano spinto alla rivoluzione,e parallelamente,divenendo il nuovo oppressore di un regime ancora più terribile de precedente.
    Il romanzo se analizzato nella sua interezza instaura un rapporto di riflessione politico-sociale con il lettore,che vede la sua figuara popolare sempre più soggetta ai giochi di potere di chi vuole imporsi sugli altri solo per il gusto di comandare e imporre i suoi ideali.
    Queste situazioni sono spinte da una brama di potere insita in ogni uomo,che caratterizza la non totale libertà al cittadino.
    Il doppio senso allegorico che si cela dietro al racconto fa si che il lettore si ponga in riflessione con i valori che questa società personificata impone,poichè è moralmente inqualificabile che un essere debba imporre il suo credo ad un'altro essere soltanto perchè ha sete di potere e brama di governare.
    Realisticamente parlando quindi in seguito alle riflessioni che orwell esprime,non potremmo mai aspirare ad una vita caratterizzata da piena libertà a discapito di una subordinazione forzata e viziata dal potere altrui.

    CORARELLI FEDERICO

    RispondiElimina
    Risposte
    1. vedono in qualche modo traditi i propri ideali.

      che vedrà il primo(allegoria di Stalin) prendere potere sul secondo. " Le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo e viceversa,ma già era impossibile loro distinguere fra i due LA CITAZIONE CHE FAI NON RIGUARDA QUANDO NAPOLEON PREVARICA PALLADINEVE..

      NELLA SECONDA METà DEL TESTO LA SINTASSI è FATICOSA...NON FAI PRATICAMENTE MAI RIFERIMENTO AL TESTO....QUALI ESPRESSIONI O IMMAGINI TI HANNO PORTATO AD ARGOMENTARE CIò CHE DICI???

      Elimina
  26. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  27. È una lunga e torrida estate quella che fa da cornice al romanzo di Niccolò Ammoniti. Michele Amitrano, un bambino di poco più di otto anni è il protagonista di questa storia, ama passare le sue giornate in sella a una bicicletta avventurandosi nelle campagne abbandonate del sud Italia, quando di colpo “in mezzo a quel mare di spighe ‘incontra’ un segreto pauroso, un segreto che cambierà per sempre la sua vita”, Michele si trova ad affrontare una situazione che solo con la sua forza e la sua fantasia di bambino riuscirà a risolvere, ed è qui che l’autore con la “magia della penna” crea due storie in una. Il lettore sarà di fatto costretto ad assistere a una doppia storia: quella vista con gli occhi di Michele e quella, tragica, che coinvolge gli adulti del paese. In questo momento il libro affronta il tema della criminalità, conseguenza di un sud troppo povero e di una violenza spietata a cui nessun uomo può porre rimedio, quella violenza scaturita da mancanza di speranza e di sogni. Per porre rimedio a questa povertà Salvatore, il padre di Michele , rapisce Filippo figlio di un imprenditore. E proprio per caso dentro un buco sottoterra Michele trova questo bambino, “che sembra morto ma non lo è”. Ecco cosi inserirsi il tema dell’amicizia, il quale è intessuto nelle pagine di tutto il libro, è questo sentimento che permette a Michele di poter dire: io non ho paura. L’autore inventa la sua storia che è intrinseca di veridicità, quante volte abbiamo sentito parlare di rapimenti? Di bambini rapiti alle proprie famiglie? Ed è proprio grazie alla semplicità del linguaggio e alla narrazione di temi attuali che mi sono ritrovato a “divorare” pagine e pagine in poche ore. Ho riflettuto insieme a Michele sui comportamenti dei grandi, sul sentimento della paura evocato dai contrasti tra il chiaro delle giornate di sole e le giornate trascorse il quel buco dove il buio regnava. Sono rimasto impallidito da come la forza di un bambino può essere tanto forte di fronte a una situazione cosi brutta, mi sono chiesto se anche io sarei riuscito a fare qualcosa del genere, se ne fossi stato in grado. Tra le riflessioni dei personaggi, Ammoniti continua la “semplice” descrizione dei fatti: “le forze dell’ordine sono ormai sulle tracce degli adulti di Acque Traverse”, ormai essi sono consapevoli che la loro libertà è legata ad un filo, come legata a un filo è la vita di Filippo, dato che gli uomini di Acque Traverse dopo esser venuti a conoscenza del fatto che Michele sapeva tutto avevano deciso di farla finita una volta per tutte con questa storie eliminando il bambino. In queste ultime pagine ingiallite del libro ritorna incessante il tema dell’amicizia, Michele corre da Filippo per salvarlo non preoccupandosi della sua di vita. “E’ ormai calata la sera e il buio torna a far da padrone”, il bambino raggiunge il nascondiglio, le sirene e le luci della polizia si dilagano nelle campagne del piccolo paesino quando Salvatore giunto alle pendici del buco e incaricato del pesante compito di uccidere Filippo spara ma ad esser colpito non sarà il “prigioniero” bensì il figlio Michele. La storia termina con “di nuovo buio”.. forse la luce nera che prende possesso degli occhi, forse l’oscurità che si impadronisce del suo corpo senza vita.

    ANILE VALERIO

    RispondiElimina
    Risposte
    1. che è INTRISA di veridicità

      Ammoniti AMMANITI

      quella vista con gli occhi di Michele e quella, tragica, che coinvolge gli adulti del paese. ...QUI UNA PARENTESTI SULLA NECESSITà DI VEDERE LA REALTà DA UN PROPRIO PERSONALE PUNTO DI VISTA (TEMA DA SEMPRE PRESENTE IN LETTERATURA) SAREBBE STATA ADATTA...PENSA A DON CHISCIOTTE!!

      La storia termina con “di nuovo buio”.. forse la luce nera che prende possesso degli occhi, forse l’oscurità che si impadronisce del suo corpo senza vita. ...HAI NOTATO IL VALORE METAFORICO DEL BUIO...AVRESTI POTUTO ALLARGARE LA TUA RIFLESSIONE!!!

      Elimina
  28. Azzurra – parte 1
    The Importance of Being Earnest – Oscar Wilde
    The Importance of Being Earnest è una delle opere teatrali più brillanti e rappresentative dell’ottusa, prepotente, invincibile, upper class britannica del Novecento, ritratta con pungente ironia ed estrema veridicità.
    In una commedia in due atti vediamo protagonisti Algernon, un aristocratico giovane di città che ha inventato un amico spaventosamente infermo di nome Bunbury “residente” in campagna, il quale gli consente di svignarsela dalla città quando vuole con la scusa di prestargli delle cure; Jack, un aristocratico giovane di campagna che ha inventato un fratello incresciosamente irresponsabile di nome Ernest, il quale gli consente di svignarsela dalla campagna quando vuole con la scusa di cavarlo d’impaccio e rimproverarlo, e per il quale si spaccia ogni volta che mette piede in città; Lady Augusta Bracknell, la stolida, severa, irreprensibile zia di Algernon, emblema dell’alta società inglese; Gwendolen, figlia di Lady Bracknell, innamorata di Jack perché convinta che si chiami Ernest; Cecily, pupilla di Jack, convinta dell’esistenza del fratello Ernest, del quale è innamorata pur non conoscendolo proprio per questo suo nome e Miss prism, la governante di Jack e Cecily che svelerà le nebulose origni di Jack (orfano ritrovato in una borsa al deposito bagagli della Victoria Sation).
    Tutto inizia con la dichiarazione di Jack a Gwendolen, che lo accetta (convinta che si chiami Ernest): Jack decide allora di far “morire” il finto fratello Ernest e di farsi battezzare con questo nome. Algernon, scoperta la verità sul conto di Jack, decide di spacciarsi per Ernest e di recarsi nella sua casa di campagna, dove conosce Cecily, se ne innamora e i due decidono di sposarsi. A questo punto Jack riceve la notizia dell’arrivo di Algernon e lo prende da parte per chiarire le cose e intimargli di andarsene, ma mentre i due sono via giunge anche Gwendolen, che fa la conoscenza di Cecily: le due finiscono per bisticciare perché credono di amare lo stesso uomo e ognuna sostiene la propria prerogativa sul fantomatico Ernest. Quando Jack e Algernon rientrano in scena e si rendono conto della situazione chiariscono l’equivoco dei nomi ma a questo punto le due ragazze decidono di rifiutarli a meno che si facciano battezzare entrambi Ernest, cosa che appunto volevano fare (anche Algernon). Quindi giunge Lady Bracknell, per riprendersi Gwendolen e Algernon e quando scopre il suo fidanzamento con Cecily, di validi natali e discreta dote, lo accetta senza problemi, rifiutando ancora una volta Jack per sua figlia, ma questi non vuole acconsentire alla sua pupilla di sposare Algernon a meno che Lady Bracnell non consenta a Gwendolen di sposare lui. Alla fine si giunge a un compromesso grazie all’intervento di Miss Prism, che riesce a ricordare grazie a una serie di congetture, le reali, nobili, origini di Jack, il quale nome autentico è peraltro Ernest, e le due coppie riescono a sposarsi felicemente.

    RispondiElimina
  29. Azzurra - parte 2
    Per comprendere e gustare a fondo l’intreccio di questa storia è necessario innanzitutto capire il titolo, capire e non tradurre, perché nella traduzione si perde il reale senso delle parole e non si percepisce il sottile sarcasmo e l’abile gioco con cui è composto: l’aggettivo earnest raccoglie insieme molti significati, quali onestà, franchezza, probità, virtù e rigore morale, che nell’insieme rappresentavano per l’alta società dell’epoca il modello comportamentale da seguire. Da quest’ideale, che non merita alcun rimprovero, nasce però la ridicola quanto irriducibile convinzione che il nome Ernest (Ernesto), che ha la stessa pronuncia dell’aggettivo earnest, sia garanzia in un uomo, causa l’assonanza, di tutte queste virtù e da qui l’assurda fissazione di chiamare così i propri figli o, come accade a Gwendolen e Cecily, le due protagoniste femminili della commedia, cercare un partito che risponda a questo nome. Quando infatti Jack, che tutti pensano chiamarsi appunto Ernest, si dichiara a Gwendolen dicendole che la ama, è così che la ragazza replica:
    GWEN: Anche prima di conoscerla mi era tutt’altro che indifferente. Noi viviamo, come spero lei sappia, signor Worthing, in un’epoca di ideali. E’ un fatto costantemente ricordato nelle riviste mensili di maggior prezzo e ormai ha raggiunto, mi si dice, persino i pulpiti di provincia; e il mio ideale è sempre stato di amare un uomo che si chiamasse Ernest. In questo nome c’è qualcosa che ispira una fiducia totale. Mi fa pensare all’onestà. Dal primo momento in cui Algernon mi ha accennato al fatto di avere un amico di nome Ernest, ho saputo di essere destinata ad amarlo. (…) L’unico nome sicuro è Ernest!
    Questa battuta raccoglie tutta la pungente satira dell’autore (Noi viviamo … maggior prezzo) alla superficialità e alla risoluta fiducia dell’alta società inglese in ideali, il nome Ernest come garanzia dell’earnestness( sostantivo per earnest) in questo caso, che non sono stati adottati autonomamente dopo una riflessione personale (di Gwendolen), ma accettati come convenzione morale, sociale, ideologica: gli esponenti dell’upper class non si sforzano di formare un giudizio proprio ma si limitano a costruirlo servendosi di ideali prefabbricati: Oscar Wilde racconta una società “manieristica” che manca di contenuti e di certezze, e che quindi si aggrappa saldamente alla forma e la esaspera nel modo di vestire, di comparire in pubblico, e di cose ancora meno importanti come di disporre gli invitati a tavola:
    ALGERNON: Purtroppo, zia Augusta, temo che dovrò rinunciare al piacere di pranzare da te questa sera.
    LADY BRACKNELL: Spero proprio di no. Mi scombineresti tutto il tavolo. Tuo zio dovrebbe mangiare in camera sua. Per fortuna c’è abituato.

    RispondiElimina
  30. Azzurra - parte 3
    Una società vuota e “pigra” che cerca di dimenticare, anziché risolvere, questa mancanza di contenuti concentrando la propria attenzione su delle frivolezze, guardando all’aspetto esteriore delle persone, alle apparenze e giudicandole in base a quello: Lady Bracknell, madre di Gwendolen, rifiuta a Jack la mano di sua figlia perché questi è stato allevato da un tale Thomas Cardew,signore del tutto rispettabile, il quale lo aveva trovato, abbandonato, ancora in fasce, in una borsa di cuoio alla Victoria Station, e quindi perché orfano di entrambi i genitori, essendo la mancanza di validi natali un ostacolo insuperabile per un uomo che voglia essere ritenuto un buon partito, come se fosse stata una sua decisione l’essere stato abbandonato:
    LADY BRACKNELL: Le confesso che sono alquanto esterrefatta da quanto lei mi ha rivelato. Essere nato, o quantomeno essere stato allevato, in una borsa, con o senza maniglie, mi sembra una ostentazione di disprezzo per il decoro consueto della Vita familiare. (…) Quanto al luogo particolare del rinvenimento di quella borsa, i depositi bagagli delle stazioni ferroviarie possono servire a celare qualche indiscrezione sociale ma non li si può certo considerare una solida base per una posizione riconosciuta nella buona società.
    Questo fuggire da sé stessi e dalla riflessione su di sé si produce inoltre in uno spietato e spietatamente sincero giudizio dell’altro espresso con franchezza e senza mezzi termini, un esempio fra tutti, quello che più mi ha colpito è stato il giudizio di Algernon sui propri parenti: Mio caro (rivolgendosi a Jack) adoro sentir parlare male dei miei parenti. E’ la sola cosa che me li rende minimamente sopportabili. I parenti sono semplicemente una masnada di persone noiosissime che non hanno la più piccola idea di come vivere, né la più piccola intuizione di quando morire.
    Insomma l’autore con incredibile schiettezza e con un intreccio semplice quanto geniale riesce a ribaltare le situazioni e creare paradossi che fanno al contempo ridere e riflettere e rispecchiano perfettamente quella che è stata e forse è ancora la british (e probabilmente non solo) upper class novecentesca.
    La commedia termina clamorosamente con uno scambio di battute tra Lady Bracknell, che si è scoperto essere anche la zia di Jack, e Jack:
    LADY BRACKNELL: Nipote, mi sembri manifestare sintomi di frivolezza (ancora una volta a sottolineare l’ipocrisia e la superficialità dell’alta società)
    JACK: Al contrario, zia Augusta, mi rendo conto per la prima volta in vita mia dell’Importance of Being Earnest (il gioco di parole costituente il titolo esplode in tutta la sua genialità comica)

    RispondiElimina
  31. Silvia Venturini __ "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach
    "Il gabbiano Jonathan Livingston" è un breve romanzo scritto da Richard Bach e pubblicato nel 1970.
    Questo romanzo, che potremmo in altri termini definire una fiaba, ha come protagonista un gabbiano davvero bizzarro; Jonathan appartiene allo stormo Buonappetito, che da come ci viene suggerito dal nome, è particolarmente devoto all'arte del mangiare e del ricercare il cibo presso i pescherecci.
    Jonathan a differenza degli altri gabbiani non ritiene il cibo l'unico scopo della vita, per lui l'unica cosa importante è il percorso nella conoscenza che ognuno di noi deve affrontare.
    Per questo l'obiettivo che Jon si pone è quello di perfezionare la sua tecnica di volo e spingerla all'estremo; questa sua diversità di pensiero rispetto a quello generale dello stormo lo porta prima ad essere respinto dal gruppo poi al vero e proprio esilio.
    Al momento della morte Jonathan si ritrova in un mondo perfetto pieno di gabbiani identici a lui che non fanno altro che studiare e perfezionare il proprio stile di volo.
    Jon seguendo il suo nuovo maestro scopre che quello in cui si trova è solo un punto di passaggio per arrivare al Paradiso, mondo ultreterreno raggiungibile solo quando si ha la piena conoscenza; il gabbiano una volta presa coscienza di ciò decide di tornare indietro dal suo stormo per insegnare loro l'arte del volo; una volta raggiunto il suo obiettivo scompare.
    L'intero racconto è una grande metafora su quello che dovrebbe essere la principale finalità della vita dell'uomo, conoscere. Bach, con questo breve racconto, ci spinge anche a rincorrere quelli che sono i nostri sogni e le nostre scelte senza scoraggiarci davanti ad alcun ostacolo. Questi punti principali intorno a cui si sviluppa la storia di Jon vengono articolati ed esauriti dallo scrittore in modo completamente coinvolgente per il lettore fino a creare una vera e propria fusione che porta colui che legge ad impossessarsi della grinta e della determinazione del gabbiano verso la realizzazione del proprio sogno.
    A mio parere l'autore riesce perfettamente, anche con semplici parole, a rendere quello che è lo stato d'animo del protagonista e a trasmettere una grandissima carica positiva al lettore; la cosa più importante per lo scrittore e allo stesso tempo per Jonathan è quello di far capire l'uno ai lettori, l'altro ai gabbiani, che la cosa importante è essere coscienti che non bisogna mai arrendersi e soprattutto è necessario arrivare alla conclusione che c'è sempre qualcosa da imparare e dopo aver capito ciò "Noi avremo una nuova ragione di vita. Ci solleveremo dalle tenebre dell'ignoranza, ci accorgeremo d'essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a volare!" proprio come Jonathan.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. in altri termini definire una FAVOLA ALLEGORICA, ha

      che COME SUGGERISCE Il nome, è particolarmente DEDITO all'arte del mangiare

      l'unica cosa importante è il percorso nella conoscenza ...è RAGGIUNGERE LA PERFEZIONE NEL VOLO, METAFORA ESPLICITA DELLA VOLONTà DI OLTREPASSARE I LIMITI POSTI DALLA REALTà PIù MESCHINA PER APPRODARE ALLA VERA CONOSCENZA

      con semplici parole,...QUALI???? FARE ESEMPI!!!!!!!!!

      Elimina
  32. Parte 1
    La Metamorfosi è il racconto più noto dello scrittore boemo Franz Kafka. Venne pubblicato per la prima volta nel 1912 e , scritto in tedesco, verrà poi tradotto nelle diverse lingue. L’opera è il racconto di un uomo comune, Gregor Samsa, che un mattino si sveglia e si accorge di essersi trasformato in un enorme scarafaggio; riflette che sia giusto tenere tale cambiamento nascosto a familiari e collaboratori ma, inevitabilmente, non ci riesce e uscendo dalla sua stanza nelle suddette condizioni provoca reazioni di orrore in tutti i presenti ed è violentemente costretto a rientrarci. Il resto del racconto narra della sua nuova vita, abbandonato dal mondo. I comportamenti del padre e della madre sono ancora ostili nonostante l’avanzare del tempo ed anche Grete, la sorella, la quale si occupò da subito della pulizia e dei viveri di Gregor, gradualmente si fa coinvolgere dall’approccio minimo e distaccato dei genitori. La scarsa attenzione nei suoi confronti diminuisce fino ad estinguersi,tanto che lo stesso protagonista si sente sempre meno parte della sua vecchia realtà e “quasi non si stupisce più di avere così pochi riguardi per gli altri negli ultimi tempi; mentre prima si sentiva fiero di questo suo tatto”. Questa situazione fa nascere in lui un profondo malessere, che lo porta ad uno stato tale da rifiutare il cibo offertogli fino a giungere ad una morte lenta, causata dal completo rifiuto dei suoi familiari. Il cadavere di Gregor viene infine gettato nella spazzatura, ed il suo nome completamente dimenticato dalla famiglia, che riesce a risollevarsi dai problemi economici che l’avevano afflitta.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La GIA' scarsa attenzione nei suoi confronti diminuisce

      Elimina
  33. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  34. Parte 2
    Questo racconto appare molto semplice: non vi sono termini difficili o tecnici ed è di facile e piacevole lettura,in quanto le tematiche trattate sono importanti, interessanti e sempre attuali. L’autore si esprime in modo realistico seppure il racconto da lui ideato sia assolutamente surreale, e vuole farci capire come cambiano i comportamenti delle persone , anche le più amate, non solo in base alla tua conformazione esteriore, ma ,purtroppo, anche in relazione a quanto sia funzionale ed utile il tuo ruolo nelle loro vite. Infatti il protagonista, essendo stato precedentemente l’unico componente della famiglia che lavorava e visti anche i problemi economici che i famigliari si trovano ad affrontare, non potendo più adempiere al proprio impiego non è altro che visto come un peso da eliminare con la maggiore rapidità possibile. La cosa che al principio mi ha più colpito è che Gregor, dopo essersi reso conto della sua trasformazione in insetto si scoraggia , ma non è per questo che lo fa, non si ritrova assolutamente in preda alla disperazione per questa radicale metamorfosi ma si preoccupa di come poter arrivare al lavoro in tempo e addirittura è divertito da come il nuovo corpo dimostra di essere efficace ed i suoi movimenti rapidi e coordinati come mai aveva pensato potessero essere. Per quanto riguarda invece il seguito e la conclusione mi è parso di vedere nella trasformazione di Gregor, e soprattutto nella sua reazione ad essa, una volontà di fuggire dalla tipica vita di rinunce , di costrizioni e, in questo caso, di un lavoro che non gratifica il soggetto come vorrebbe ma che gli permette di aiutare i suoi cari. Questi,come parassiti, traggono un vantaggio a spese dell'ospite creandogli un disagio non indifferente. Il problema è ch’egli si ritroverà poi a ribaltare la situazione trasformandosi lui stesso in un parassita inutile, che grava sulla stabilità familiare e, a differenza del primo caso, non è ritenuto degno di alcuna considerazione. Inoltre con le sue parole e la sua fantasia Kafka mi ha spinto a riflettere su quanto un essere umano riesca con facilità a rimpiazzarne un altro sostituendolo rapidamente con qualcuno o qualcosa che svolga il suo stesso ruolo ossia , per quanto riguarda questa storia , con l’equilibrio ritrovato che in principio era mantenuto da Gregor e poi era stato messo a repentaglio dallo stesso. Inoltre, mettendo da parte la sua debolezza fisica, ciò che determinerà la sua morte sarà che,per quanto possiamo considerarci interessati o meno al giudizio che egli altri hanno di noi, vivere essendone totalmente disprezzati ,in particolar modo se lo si è da persone che si stimano e a cui si tiene, risulterebbe estremamente difficile a chiunque.
    Chiara Merolla

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti il protagonista, essendo stato precedentemente l’unico componente della famiglia che lavorava e visti anche i problemi economici che i famigliari si trovano ad affrontare, non potendo più adempiere al proprio impiego non è altro che visto come un peso da eliminare con la maggiore rapidità possibile.......ATTENTA ALLA PUNTEGGIATURA

      Elimina
  35. Elena La Metamorfosi - Kafka

    Senso di oppressione. Di limite, di reclusione. Il libro con le sue amare parole finisce, ma rimane a lungo in circolo nelle membra del lettore. La Metamorfosi è un breve racconto, forse il più conosciuto, dello scrittore Franz Kafka; racconta la storia di Gregor Samsa, un commesso viaggiatore che grazie al suo lavoro mantiene la propria famiglia, e va dal giorno della sua appunto "metamorfosi" in un gigante scarafaggio fino al giorno, triste, della sua morte.
    Il fatto che Gregor, proprio all'inizio della narrazione, non si stupisca più di tanto della sua trasformazione colpisce il lettore che rimane stupito dall'eccessiva razionalità ed eccessivo rigore con cui il protagonista passi sopra, senza troppi problemi, alla sua nuova forma fisica, preoccupandosi anzi del terribile ritardo al lavoro.
    Il vero dramma del racconto non è quindi la metamorfosi in sè, quanto la naturalezza con cui essa viene accettata e addirittura la felicità che prova il protagonista nel muovere i suoi primi passi da insetto, nello scoprire di esserne capace e di sapersi coordinare.
    Questo breve romanzo fa vedere come la vita di noi semplici esseri umani sia veloce come un soffio di vento, o come un viaggio d'affari. Inoltre sottolinea come possa cambiare da un momento all'altro, senza che noi ce ne rendiamo conto.
    La durezza dei temi, contrasta in un certo senso con la leggerezza della scrittura. Il linguaggio è sciolto, semplice ma preciso. Nella lingua originale, si riesce a notare, anche trattandosi di una traduzione, una grande attenzione ai dettagli, soprattutto della camera di Gregor, ormai diventata la camera “fantasma”. E' lì che si svolge quasi completamente la narrazione, è quella la prigione del povero Gregor. E' lì che si svegliò trasmutato ed è lì che morirà, magro, sul pavimento. Inizialmente affronta il tema del riconoscimento e dell'accettazione di sè, che come detto in precedenza si conclude in tempi assai brevi. Il contatto con gli altri, ha un impatto devastante sulla vita di Gregor che non viene accettato per le sue mutate sembianze, rinchiuso nella sua camera, dimenticato addirittura dai genitori, vive le sue giornate in quasi completa solitudine. La sorella Grete, è l'unica che per un primo periodo riesce a sopportar la vista e la presenza del fratello: spazza la sua camera, lo nutre, ma ad un certo punto finisce per muovere il primo passo contro di lui, nel momento di maggiore difficoltà, proponendo di ucciderlo e riscuotendo il consenso degli adulti.
    Sembra quasi come se l'autore voglia suggerirci di fare attenzione nei confronti delle persone che crediamo più care, anche loro, malgrado non vorremmo mai scoprirlo, potrebbero cambiare i loro atteggiamenti ed essere capaci di arrivare, come succede alla sorella Grete, ad un odio così profondo che la porterà anche a pensare di potersene sbarazzare uccidendolo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si riesce a notare, PUR RELAZIONANDOSI CON una traduzione, una grande attenzione ai dettagli,

      Elimina
  36. Elena parte 2

    Il più grande dramma che Gregor si trova ad affrontare e che credo sia una delle paure più forti che l'uomo possa provare, è quello di non esser compreso e ancor più di esser creduto capace di comprendere ciò che accade accanto a lui. Si ritrova spettatore di tutto ciò che succede nella sua famiglia, senza poter far nulla per cambiare le situazioni o per dare dei consigli. Diventa invisibile sotto questo punto di vista, incapace di farsi sentire.
    Ma in Gregory, nonostante tutto ciò che credono i suoi familiari non ha perso il suo spirito, la sua anima, la sua intelligenza. Ecco perché Gregorio si innamora del suono che la sorella fa uscire dal proprio violino. Esso infatti sembra l'unico elemento che lo riporta ad uno stato di umanità forse anche maggiore di quello che possedeva nella sua “vita precedente”.
    Il padre, figura dura e autoritaria, è il primo a dimostrare una violenta insofferenza nei riguardi del “figlio” ormai inutile, improduttivo e addirittura nocivo alla situazione economica familiare. La sorella, come accennato, mostratasi inizialmente comprensiva, ben presto finisce per odiare anche lei e volersi liberare della mostruosa creatura in cui si è trasformato il fratello. A Gregor, divenuto ormai un peso inutile per la società, non rimane che lasciarsi morire. L’indigenza costringe i membri della famiglia a darsi da fare per mantenersi, ristabilendo così l’equilibrio. La perdita del figlio è quindi superata con fin troppo eccessiva facilità, con una bella gita in macchina, come se nulla fosse successo, come se non fosse appena morto colui che per anni e anni aveva mantenuto la famiglia lavorando con fatica, in modo tale che gli altri potessero vivere un'esistenza piacevole. Questo forse è il fatto più irritante (per il lettore) che accade in tutto il libro. Si può passare, con un certo non poco dolore, oltre alla diffidenza nei confronti dell'insetto Gregor, al fatto che il padre per la rabbia gli scagli addosso delle mele, che una gli rimanga conficcata nella “corazza” e che nessuno, nessuno si prenda la briga di togliergliela, evitandogli infezioni e dolori. Lo si può, malamente, passare. Ma abbandonarlo così dopo la sua morte, come se non fosse stato nulla di importante in tutta la sua vita, non preoccupandosi nemmeno di spostare il cadavere e magari portarlo in un luogo diverso. No. Viene lasciato lì, tale e quale alla spazzatura, a tutta la sporcizia di cui era piena la camera.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ancor più di esser creduto INCAPACE di comprendere ciò che accade accanto a lui.

      Si può passare, FORSE MEGLIO SI PUò SOPPORTARE

      LA CONCLUSIONE SEMBRA UN PO' TRONCATA...COME SE MANCASSE UNA FRASE..

      Elimina
  37. Non ho ancora letto...ma intanto per il prossimo lavoro vi ricordo il titolo di questa seri di lavori!!!!

    "Con precisi riferimenti al testo, spiega come valuti il tuo incontro con il romanzo in questione. Ha toccato corde particolari del tuo animo? Se sì, quali e perché". Usando eventualmente una "prima persona matura" (cit. Lucchesini,) dovreste fare un breve testo argomentativo con il taglio indicato nel titolo...non serve quindi un riassunto puntuale...basta indicare la trama (breve testo tipo risvolto di copertina) e poi citando il testo parlare di voi e lui!!!!

    RispondiElimina